di Mariangela Macocco
Mercoledì sera, in una Parigi ancora sgomenta e inorridita per i tragici attentati di venerdì e impaurita per le sparatorie fra terroristi e polizia, protrattesi per tutta la notte e terminate solo nel primo pomeriggio, hanno suonato, contro ogni evidenza, i Protomartyr. Contrariamente al solito, al mio arrivo alle 19.30 il Point Ephémère, luogo abitualmente pieno di vita e rumorosissimo, aveva un aspetto spettrale: luci semispente, poca gente, guardie di sicurezza armate. Mi sono chiesta cosa mi avesse spinto ad arrivare sino lì, nonostante tutto, ma la mia solita testardaggine e lo spirito ribelle che mi contraddistinguono hanno fatto sì che entrassi e prendessi comunque posto in una sala semivuota.
Mi ero già preparata ad assistere ai tre concerti in programma per la serata – con i Protomartyr headliner, piatto forte – assieme agli altri sette spettatori sparsi qua e là, chi al bar in attesa di una birra, chi intento a comprarsi vinili e poster di The Agent Intellect, ultimo album del gruppo di Detroit e invece, nel giro di mezz’ora, è cambiato tutto.
In una sala riempitasi improvvisamente e rapidamente in pochi minuti, hanno aperto ed egregiamente scaldato l’atmosfera prima i francesi Shake Shake Bolino con ritmatissime sonorità post punk, poi gli americani Ringo Deathstarr, validissimo gruppo indie-rock, che si muove nel solco tracciato da Fugazi e Velvet Underground, guidato dalla brava e fascinosa bassista Alex Gehring.
Alle 22.30, quando sul palco hanno fatto il loro ingresso i Protomartyr, sono stati accolti da una sala ormai pienissima, rassicurata e desiderosa di lasciarsi alle spalle tutta la paura e la tensione accumulate nelle ultime giornate e di concentrasi solo ed esclusivamente sulla musica. E così è stato. La travolgente miscela di post punk e new wave del gruppo guidato da Joe Casey ha invaso la sala dal primo pezzo, Coward Starve, intonato dal frontman dei Protomartyr mentre non aveva ancora tolto gli occhiali da sole.
httpv://www.youtube.com/watch?v=1SKIAqVcaDY
Il concerto si è svolto come in un crescendo: brani del nuovo album The Agent Intellect, come Pontiac 87 e Dope Cloud, e del precedente lavoro Under Color Of Official Right, come What The Wall Said e I Stare At Floors, si sono alternati in un ritmo serratissmo, senza pause, se non per dare la possibilità a un Casey timidissimo di dire poche parole di ringraziamento, e per consentire al pubblico di rispondere con applausi sempre più convinti.
httpv://www.youtube.com/watch?v=QlViAwJnzio
La band è estremamente coesa e affiatata: non posso non segnalarvi anche gli altri bravissimi membri del gruppo: Greg Ahee alla chitarra e Scott Davidson al basso, essenziali per garantire l’inconfondibile sound dei Protomartyr e perfettamente funzionali alla voce di Casey, cosi come essenziale è il batterista Alex Leonard, che garantisce in modo eccellente la ritmica. Quando arrivano i brani clou della serata il pubblico presente è già più che scaldato. The Hermit, Ellen, Come & See sono solo un antipasto che porta direttamente alla chiusura con Why Does It Shake. Tutta la sala è pronta a scandire ripetutamente con Casey: Why Does It Shake? The Body The Body The Body…ed è davvero un peccato si debba smettere.
httpv://www.youtube.com/watch?v=2p8misJgzpc
Due sono gli encore che il gruppo ci regalerà, chiudendo gloriosamente la serata sulle note di Ain’t So Simple. Parigi ne aveva bisogno. I Protomartyr si sono guadagnati un posto speciale nel cuore dei fan parigini.