di Raimondo Bignardi
Bella apertura dei Bosio, quartetto genovese giovane ma esperto, con un suono pulito e fresco. Due chitarristi estremamente diversi fra loro, e nel look e nello stile, ma molto affiatati. Bella sezione ritmica con Pietro voce solista divertente e sorridente. Mi hanno ricordato nell’approccio i Modern Lovers, nonostante il loro suono sia più elettrico e potente. Belle le canzoni.
Poi arriva il trio di Succi. Altri suoni, altri temi, altre atmosfere. Con due giovani accompagnatori molto bravi, uno alla batteria e l’altro alla chitarra con vari effetti, Succi, alternando Fender e Rickenbacker (bellissima), propone tutti i brani dell’album Lampi Per Macachi e un paio di vecchie cose dei Madrigali Magri. Dal vivo le vecchie canzoni di Conte diventano ancora più apocalittiche, un blues duro e scarno che ti preleva dall’Oltrepò Pavese o dalle colline dell’Astigiano, dove credevi di trovarti. e ti trascina nella Death Valley, l’inizio della fine del mondo.
La voce, a volte un sussurro disperato che mastica parole incomprensibili, a volte un grido rabbioso, viene continuamente minacciata o soffocata dagli effetti devastanti dell’altra chitarra, costringendola ad un duro confronto. Non c’è niente di facile qui. La musica arranca faticosamente, non ti consola, ti affligge anche nei brani più intimisti (Come mi vuoi), per non parlare di Via Con Me, un minuto e mezzo di demolizione e ricostruzione della canzone più malinconica e anche più piaciona di Conte, che diventa un grido disperato alla Naked City.Su tutte per me Diavolo Rosso, ma è un parere personale, anche le altre sono ad altissimo livello e il pubblico ha molto apprezzato.
Se il disco è bello, la resa dal vivo è ancora superiore.
E alla fine Giovanni si permette anche di sorridere.
Foto di R Amal Serena
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Giovanni Succi – Via con me
