Bob Dylan e Don DeLillo – Parte II.
Seconda parte della rubrica su rock e letteratura. Nella prima prendevamo spunto dal Nobel attribuito a Bob Dylan e dal suo rapporto con Don DeLillo. Il discorso continua con una conclusione a sorpresa.
Underworld di Don DeLillo è letteratura da Nobel
Underworld dimostra che DeLillo, se non fosse quel gentiluomo che è, avrebbe avuto il diritto di incazzarsi per la mancata assegnazione del Nobel. Ha scritto un capolavoro. Lascio agli esperti il compito di cantarne le lodi nei minimi particolari. Solo qualche breve accenno alla vastità dei temi trattati. Si parte da “un botto che ha fatto il giro del mondo”. Ma non è un’allusione alla comunicazione dell’avvenuta esplosione nucleare sovietica bensì a un lancio fenomenale durante una partita di baseball del 1951. Sebbene i due avvenimenti si verifichino nella stessa giornata.
E da questa concomitanza si sprigionano collegamenti e impagabili descrizioni di personaggi, realmente esistiti e inventati. J Edgar Hoover, il capo dell’FBI, non è la caricatura di un omosessuale represso, va oltre il banale stereotipo correntemente in voga e diventa un eroico difensore dell’ordine costituito. Così come il baseball non è uno sport da disprezzare, è un gioco che può cambiarti la vita. Lenny Bruce – con cui Bob Dylan un giorno condivise una corsa in taxi – con la sua comicità fa da precursore ai rapper dei ghetti del Bronx. Si passa dalle istantanee su una coppia in crisi – lei un’artista pronta a spiccare il volo, lui un uomo invecchiato prematuramente – all’affascinata contemplazione dell’immensità del continente americano. Il tutto sapientemente orchestrato da una voce narrante che non commette mai l’errore di giudicare in malo modo le sue creazioni romanzesche, perché ogni personaggio ha un lato nobile.
Rock, letteratura e … spazzatura
Il filo conduttore del libro è comunque la spazzatura. Inquadrata in una serie di metafore che vanno dal suo significato di cosa organica, perennemente in crescita e mutamento, alle discariche viste come deposito culturale dove sfociano “tutti gli appetiti e le brame”, le cose che consumiamo e che non vogliamo più. Fino a convergere sulla figura di Jesse Detwiler, archeologo e teorico dei Rifiuti. Che evidentemente si ispira – con una sfumatura da teatro radicale – alle gesta del celeberrimo quanto odiato AJ Weberman, un personaggio realmente esistente che negli anni ’70 si appostava presso la abitazioni di gente del calibro di J Edgar Hoover e Bob Dylan per rovistare nei loro bidoni in cerca di rivelazioni segrete.
Qui si tratta di aprire una parentesi importante in quanto le conclusioni a cui giunge Weberman sul conto dell’immondizia di Bob Dylan vengono spesso snobbate dalla critica dylaniana più in auge. Ma AJ, per quanto disgustose e maleodoranti siano state le sue pratiche, gode perlomeno di tre imprescindibili vantaggi rispetto ai suoi colleghi dylanologi più rispettati. Vediamo quali.
Bob Dylan e AJ Weberman
1) Ha conosciuto e frequentato Dylan di persona. E’ un insider. I due si sono mal sopportati, hanno addirittura fatto a botte, ma hanno avuto più di qualche contatto. E’ facile che se oggi dovessero incontrarsi per caso lungo qualche strada ancora si saluterebbero, magari scambiandosi una battuta sprezzante.
2) Sono entrambi frequentatori dei bassifondi, la cui ambientazione è onnipresente in video recenti come quelli per Beyond Here Lies Nothing oppure Duquense Whistle, nel video del periodo-Frank Sinatra e addirittura in quello natalizio che termina con una scazzottata. AJ Weberman ha scontato una pena in carcere per spaccio di marijuana. Un lasso di tempo che gli ha permesso di studiare a fondo i testi dylaniani. Da “Johnny’s in the basement / mixing up the medicine” del ‘65 a My Wife’s Hometown dove la protagonista “ha roba ben più potente di una maledizione zingara”, Dylan sembra condividere con Weberman una certa predilezione per la low life criminale.
3) Sia Bob Dylan che AJ Weberman sono ebrei. Quanti tra gli attuali dylanologi più acclamati sono di origine ebraica? Queste non sono quisquiglie. Per capire Dylan a fondo occorre non solo conoscere a fondo la terminologia della malavita, ma anche avere una sana ossessione talmudica per la parola. Weberman e Dylan appartengono a quegli ambienti sofisticati dove ogni singola risonanza linguistica viene sviscerata in tutte le sue potenzialità. Quando verso fine anni novanta / inizio millennio si sparse la notizia nei giornali che Dylan era stato segretamente sposato una seconda volta, posso dire che già lo sapevo? Leggevo AJ.
DeLillo e il “il lezzo del fiato paranoico”
Weberman si specializza in ciò che DeLillo definisce “il lezzo del fiato paranoico” della nostra epoca. Nemmeno J Edgar Hoover ne è esente quando, nel romanzo, intima al suo aiutante di trovare i collegamenti tra “i contestatori della guerra, i ladri della spazzatura, le rock band, la promiscuità, le droghe, i capelli.” Perché la tesi del libro è che l’immondizia è la storia segreta, il deposito culturale della storia che sta sotto. Il romanzo traccia i percorsi della spazzatura come se fosse una canzone e invita chi legge a rispettare e penetrare il messaggio di ciò che buttiamo via, a non perdere “il dono paradossale di essere separato e solo, eppure intimamente connesso, mentalmente collegato a cose distanti”. Distanti come Dylan e DeLillo, apparentemente così lontani eppure stranamente vicini.
Dov’è pubblicata la prima parte?
Sempre nel nostro sito. Segui il primo link nell’articolo oppure qui https://www.tomtomrock.it/tomtomrock/articolo-rock-e-letteratura-bob-dylan-e-don-delillo/