Alessandro Portelli, Bob Dylan, Pioggia e Veleno

A Hard Rain’s A-Gonna Fall: una pioggia nucleare?

Quanti ricordano la metafora ideata dal filosofo danese Soren Kierkegaard sul malcapitato che si ritroverà ad annunciare la fine del mondo? Recita così: il teatro sta bruciando e il clown sale sul palco per avvertire il pubblico, ma tutti scoppiano a ridere e muoiono tra le fiamme.

Alessandro Portelli, Bob Dylan, Pioggia e Veleno

 

In A Hard Rain’s A-Gonna Fall, canzone composta da Bob Dylan nel 1962 e reinterpretata da Patti Smith in occasione della cerimonia del Nobel, si accenna a “diecimila che sussurrano e a nessuno che li ascolti” così come inascoltati rimangono i moniti di un poeta e quelli di un clown. L’artista riesce comunque a dar voce alla sua profezia prima di iniziare a sprofondare standosene “in piedi nell’oceano”. Se ne andrà a testa alta dopo aver annunciato la sciagura. A qualcuno verrà ancora voglia di ridere?

Alessandro Portelli, Bob Dylan, Pioggia e Veleno

Bob Dylan, Pioggia e Veleno di Alessandro Portelli (Donzelli) è un libro che ripercorre le varie tappe di Hard Rain, una ballata che ha avuto molte versioni composte da autori diversi, nel corso dei secoli, prima di approdare al capolavoro finale immortalato da Dylan. La lettura del libro offre spunti interessanti.

Primo fra tutti l’atteggiamento del giovane Dylan nei confronti della bomba atomica. Contrariamente ad altre canzoni più o meno coeve sullo stesso argomento, Hard Rain va oltre la semplice denuncia e gli appelli antimilitaristi perché dalla bomba ormai non ci si può nascondere nemmeno nei rifugi sottoterra. L’apocalisse intravista in Hard Rain non si riferisce a un evento specifico, non può essere circoscritta alla crisi dei missili di Cuba. Ha a che fare con qualcosa di molto più vasto, cioè il potenziale di autodistruzione insito nell’umanità che si compie di giorno in giorno e in un certo senso è già avvenuto. Paradossalmente il messaggio che ne ricaviamo è di fine del tempo.

Alessandro Portelli e le canzoni di Bob Dylan

Portelli è abile nel collegare varie canzoni di Bob Dylan al tema dell’apocalisse. Si comincia con Talkin’ World War III Blues dove il tempo si è fermato e la bomba è già caduta: “l’assurdo non è il mondo futuribile dopo la catastrofe, ma il fatto che la catastrofe è già avvenuta, gli esseri umani sono già soli, smarriti e spaventati”. Per arrivare ad altri brani storici fra cui Things Have Changed (“se la Bibbia ha ragione / il mondo esploderà”) o alla profezia di Armageddon contenuta in Señor e nei versi “questo posto per me non ha più alcun senso”: la fine del mondo vista come spaesamento e perdita di senso dei rapporti interpersonali.

Dopo un excursus nel repertorio dylaniano si ritorna quindi a Hard Rain arricchiti di una nuova consapevolezza su cosa sia l’atomo, sulla sua forte valenza metaforica grazie alla quale l’atomo finisce addirittura con l’incarnare il potere divino in senso biblico. Ma ovviamente Hard Rain non va limitata alla sola minaccia nucleare, si muove in un contesto molto più ampio. Il giovane protagonista della canzone si ritrova nel mezzo dell’eterna battaglia fra noto e ignoto – che Portelli identifica con “casa” e “bosco” – sempre in tensione fra permanenza e cambiamento, ed egli “come tutti gli eroi tragici appartiene ad entrambi i mondi in conflitto”.

Bob Dylan, i padri e i figli

A proposito di conflitto vale la pena soffermarsi su un ulteriore spunto del libro. In Hard Rain si nota l’assenza o l’attenuazione della figura paterna: “il padre o non c’è o ha perso autorità”. Il protagonista si rivolge alla madre snobbando l’autorità paterna. Tempo fa ho scoperto leggendo The Lives of Bob Dylan di Ian Bell che Dylan ripudiò il nome del padre, Zimmerman, e acquisì una nuova identità all’anagrafe prima ancora di arrivare al successo o perfino di scoprire in via definitiva il proprio talento.

The Lives of Bob Dylan Ian Bell

In una delle canzoni emblema di questa svolta metaforicamente parricida – Highway 61 – la figura del padre viene ridicolizzata nel colloquio tra Dio e Abramo, dove Dio chiama il suo interlocutore con il nomignolo “Abe” (il vero nome del vero padre di Dylan) chiedendogli di sacrificare il figlio in mezzo alla strada.

Highway 61 è stata scritta nel 1965, in piena epoca di guerra in Vietnam. Alessandro Portelli a pagina 41 di Bob Dylan, Pioggia e Veleno afferma – esagerando? –  che in quel periodo i padri americani stavano mandando a morire i propri figli in Vietnam e che i seguenti versi tratti da Highway 61 “Dio disse ad Abramo / ammazzami un figlio” esprimano “il concentrato di crudeltà di questi padri, che ammazzano i figli per egoismo, per dimostrare la propria onnipotenza da una parte e la propria obbedienza dall’altra”.

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Trevigiano di nascita e romano di adozione. Nel maggio 2016 ha pubblicato “Ballando con Mr D.” sulla figura di Bob Dylan, nel maggio 2018 “Da Omero al Rock”, e nel novembre 2019 “Twinology. Letteratura e rock nei misteri di Twin Peaks”.

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