di Gian Luca Valentini
Difficile stare dietro a Jason Williamson e Andrew Robert Lindsay Fearn. Vi dirò presto perché.
Williamson nasce solo, “giocando” con un sample di Roni Size, il predecessore dei Massive Attack. E’ stato Simon Parfrement a lavorare con lui per i primi quattro anni. Williamson l’aveva sentito suonare in un locale a Nottingham, visto che al frontman piace scorrazzare in giro per l’Inghilterra nei locali per reclutare e trarre benefici utili ad accrescere la sua immagine e il suo know-how.
Dal 2012 negli Sleaford Mods, Williamson scrive i testi mentre è Lindsay Fearn a occuparsi della musica (Parfrement continua a seguire il duo come fotografo e “media producer”). Non sono ammessi cambi di ruolo. Non è musica per “scambisti”, per dirla alla Totò.
Difficile stare dietro questo gruppo, dicevo. Certo, loro non scrivono testi da confezioni natalizie, non finiscono nei supermercati o negli autogrill. Non li ascolti in auto o nei cessi dei motel (ma nei cessi normali li ascolti eccome). Sanno che la musica non è mainstream; quella vera, di musica.
Schivi ma disponibili, duri ma dal cuore d’oro, attenti in maniera violenta ma sempre pronti ad intervenire per i più deboli.
Me ne parlò circa dieci anni fa Andy Whitehouse, organizzatore di festival e leader della band The Silver Darlings. Mi disse che c’era questo duo che girava per gli eventi da lui organizzati e lanciava parole dure contro le nefandezze della monarchia britannica.
Cercai i cd ma non ne esistevano ancora, cercai su internet ma compariva la faccia dell’allora ultra-ventenne Williamson, sempre con quell’aria un po’ alla Paul Weller incazzato dall’odore di sentina che pare avere sempre sotto il naso.
Il veleno sputato in “sprechgesang” [lo stile creato da Schönberg e adoperato nel Pierrot Lunaire del 1912 dove la parola ed il canto diventano un tutt’uno, nda] in puro slang delle Midlands orientali (quelle di Leicester, Notthingam e Derby, per intenderci) ha un effetto ancora più potente nell’orecchio dell’ascoltatore, trascinandolo dentro la storia, incuriosendolo, non lasciandogli respiro e finendo per metterlo al tappeto con la reazione, però, di rialzarsi per andare a vedere di che cazzo stanno parlando questi sputafuoco del punk–hip hop elettronico punteggiato dallo slang rap atipico della nuova Inghilterra.
Musica colta; popolare, però. E’ pane, acqua, non caviale. Meglio, il caviale ci sta nell’alta qualità, sebbene poi faccia schifo e si preferisca un buon pane casereccio magari cotto a legna. Tutto questo trova il suo sfrontato apice nel recente album Divide And Exit.
“L’odore della piscia è così forte come quello di un buon bacon …”, altro che pane cotto a legna. Legnate in testa nell’inizio di Tied Up In Nottz, una battuta d’arresto che ci riguarda da vicino, tutti. Ecco perché accettiamo gli insulti, le vituperate parole, la rabbia scagliataci contro in 3D, il flusso di macerie che i Mods ci spalano addosso lasciandoci senza respiro.
Ed è una commedia dark la loro, che parla di lavoro, di disoccupazione “Ho dato via il culo per due bocconi di ravioli e una bottiglia di Smirnoff sotto un dirigente al quale non gliene frega un cazzo di me. E tu mi chiedi che cosa penso di te, stronza?” E lo dice di faccia e mai di facciata.
Williamson è ben consapevole che le rockstar altro non sono che pomelli di una porta che possono essere rigirati a piacere da chiunque.
Attenzione: il cd può insultare anche te, i tuoi amici, la tua famiglia, tutte le persone a te care. E’ un cd blasfemo, meno male. Ce n’era bisogno. Contro la falsità religiosa, le alte sfere che ci schiacciano, i ladroni delle cupole, i fringe benefits e gli MBO dei managers.
Nei loro testi la politica viene presa a cazzotti. Williamson ha una presenza affascinante e impegnativa, linguacciuta e birichina, divertente in maniera dirompente. Ma si focalizza in toto su brani di sdegno e di rabbia che mettono il gruppo sul banco degli imputati.
Il suono di Fearn è vario, mentre le parole di Williamson sputano contro il capitalismo, il consumismo (“Weetabix, Inghilterra, Shredded Wheat del cazzo, stronzetti Kellog’s”), i politichesi (“Non posso crederci che ‘sti ricchi esistano ancora e scorazzino liberamente nella nostra nazione”).
Williamson è dello stesso paese natio di Margaret Thatcher, Grantham, e fin da giovanissimo maturò l’idea che il “thatcherismo” fosse “fuffa” venendo così allontanato da tutti. “In più mi facevo di cocaina e alcool e mia moglie pensava che fossi un vero coglione”, disse in un’intervista.
Fearn è uno sfegatato fan degli Smiths e diventò vegetariano a 15 anni. Conobbe Williamson quando tutti lo odiavano. Lui lo trovava, invece, “fottutamente originale”.
Divide And Exit è un successo in Inghilterra e in Germania e anche la nostra critica sta iniziando ad apprezzarlo. Ora varcheranno l’oceano per arrivare in America.
Gli sprechi umani e i cessi sono il loro pane quotidiano: “Scatologia e Beyoncé che ti guarda mentre pisci. Che dire?”.
Brani che non vanno oltre i 3 minuti e mezzo (ricordate gli Smiths?) e sono fatti da un duo di quarantenni che, davvero, sono l’unica vera sorpresa e aria fresca del 2014.
Le basi sono ossessive e minimali, il punk rap sbotta fuori e fa alzare il culo ai middled aged e agli adolescenti annoiati-incollati al tablet-telefonino.
Sono duri come l’acciaio, puri più dei Sons of Anarchy, turpiloquiatori più dei Monty Python, litigiosi più di Jack Lemmon perché ti urlano a un millimetro dai tuoi occhi tutta la merda à la carte dei giorni nostri. Non vorrei ripetermi e quindi aggiungo: barflies, guru informatici, diseguaglianze socio-culturali, ludopatici e addicted in genere, lavoratori “a gratis” (chiedo scusa), padroni del possesso, urbanizzatori e cementificatori a qualsiasi costo, go to the excess men, yes men! e così via.
Parole avvalorate dall’alta qualità del suono di Fearn che immobilizza la scena, fotografa il set, prepara lo storyboard del crimine, campiona e looppa gli sfoghi fisici di Williamson seguendolo come una macchina da presa ad inquadratura mobile ma sempre refrattaria alle divagazioni spazio-temporali.
Apnea nevrotico-ansiosa della quotidianità grigia e folle: questo è Divide And Exit.
Un disco-monito per le future generazioni addormentate, un suggerimento a fare qualcosa, un precursore sociale della e nella nebbia musicale fatta oramai solo di raccolte e cofanetti, simbolo di mancanza d’idee.
httpv://www.youtube.com/watch?v=CFFWF1DnZKM
Sleaford Mods ti pone davanti alla realtà e ti obbliga immediatamente a dire la tua su di loro, sul loro operato.Devi farlo subito, non accetta mezze misure, non accetta divagazioni né soste, né elucubrazioni stilistico-artistico-letterarie.
E dove si esibiscono fanno il tutto esaurito con Williamson che profana, deride, commenta, schernisce e Fearn che suona sempre seguendo ed eseguendo la formula semplice ripetuta nelle 14 tracce.
Ci sono riferimenti noti solo agli inglesi come show televisivi per bambini anni ’70 (Tiswas), programmi anni ’80 che portano in alto la bandiera universale dell’esasperazione. In Liveable Shit Jason prima urla contro chi fa finta di parlare nell’accento regionale senza conoscerlo e poi contro gli esasperati nazionalisti (“La putrida bandiera di San Giorgio”, grugnisce); la splendida A Little Ditty è uno sbraitare su coloro che hanno sempre “facce rozze da morti … in una cella carceraria” e termina con una voce che dice: “Tutto ciò è merda e finisce in bocca come un boccone, amico”. Under The Plastic And N.C.T., ma anche le altre canzoni, riassumono il tweet lanciato di recente da Williamson: “Questo è il tempo in cui viviamo”.
C’è di più. Gli Sleaford Mods, che non sono né di Sleaford né fanno parte della corrente denominata mod, sono una realtà anomala: non fanno parte della terzina radio-tv-stampa, cioè, non sono stati troppo presenti in qualche campagna strategica, ma hanno riempito i luoghi dove si sono esibiti, fino ad arrivare ad Austerity Dogs (2013) e a Divide and Exit, due cd che hanno stravolto tutto, persino i diretti interessati, fino a portare i principali giornali britannici (e non solo) a parlare di loro, elogiandoli sempre (notevole è anche la recente antologia di singoli con in più tre brani nuovi, Chubbed Up+).
Fra le tante parole riversate sugli SM ce n’è una che calza a pennello per capirne il lavoro, inteso come mestiere: Williamson (parole, urla, eruzioni, vomitate, rutti ma con il dono delle lingue) e Fearn (rumore: un basso scalcagnato senza precedenti e gemiti occasionali di tastiera giocattolo spasmodica) fanno ARTE poiché non hanno altra scelta. Respingono il “mediamente colto” della scena artistica convenzionale. Non sono “pseudoarte”. Williamson invoca i demoni del “gratta e vinci” spesso saltellando, altre volte urlando a un immaginario spacciatore di crack o a un pedofilo, mentre Fearn gironzola sul palco o nei video sorseggiando birra chiara. Questa è arte pura. Provare per credere.
Divide And Exit è un sunto di parole scomode e parolacce, implacabili, incontinenti. Le parole si fermano solo quando Williamson è costretto a respirare e a lasciare a Fearn il suo assolo di tastiera che per molti potrebbe sembrare superfluo, ma che negli SM diventa oro colato.
In Smithy c’è spazio per una frecciatina allo stilista Paul Smith: “Signor Paul, può trovare ispirazione ‘da cassonetto’ in qualsiasi cosa/La scura e riciclabile merda nella lettiera per cani, come cantano gli angeli.”
L’apertura del cd, Air Conditioning, ricorda i Fall, ma è una falsa pista ché gli SM hanno solo il suono di se stessi. Molti li imitano, nessuno ci riesce.
Sono loro i veri sostituti dei Clash, dei Sex Pistols: sono loro i proletari, i cantori della vita sociale fatta di droga e alcool, disoccupazione e disperazione, noia e menefreghismo-disillusione, violenza urbana e merda pestata per terra (Liveable Shit), umanisti contro progressisti spreconi e elitari, humus di futura probabile disobbedienza, sostenitori a braccia alzate e gole sforzate dei working class heroes.
Ma a chi somigliano gli SM? Cercalo tu, cazzo! Catch it if you can!
httpv://www.youtube.com/watch?v=bjCHNEtudR0
Sleaford Mods – Tiswas
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