Musica come fuga verso un mondo selvaggio
di Mariangela Macocco
Settimo album in studio degli Explosions in The Sky, The Wilderness è uscito lo scorso 1 aprile. Sul loro sito ufficiale, in contemporanea alla pubblicazione di questo lavoro, il gruppo ha reso disponibili dei video pensati come accompagnamento alle nove tracce e ricavati da scatti fotografici rielaborati in modo da sposarsi con le note. Una scelta singolare, ma non del tutto imprevedibile per una band che ha sempre fatto un uso “narrativo” della musica e lo ha reso ben evidente soprattutto in questo caso.
Incasellati per semplicità nel settore post rock, assieme ai Mogwai e ai Godspeed You! Black Emperor, hanno raggiunto la notorietà nel 2001 con l’album (ahimè profetico, visti gli eventi che avrebbero avuto luogo qualche giorno dopo) Those Who Tell the Truth Shall Die, Those Who Tell the Truth Shall Live Forever. Da allora hanno avuto una carriera molto coerente e sostanzialmente continua, inframmezzata qui e là, soprattutto negli ultimi anni, con la pubblicazione di colonne sonore. The Wilderness è un progetto decisamente riuscito e di altissimo livello, nel quale sono presenti un po’ tutti i punti di forza e gli elementi distintivi del gruppo di Austin. Batteria, chitarra, basso e tastiere si rincorrono all’infinito conducendo a continue esplosioni sonore (inevitabili dato il nome…) e crescendo che sono poi la cifra stilistica della band. The Wilderness è il titolo dell’album e la fuga verso un mondo selvaggio è forse il fil rouge concettuale del disco, un percorso che si dipana lungo 46 minuti.
Wilderness è anche il titolo della prima traccia. Inizia in sordina e cresce poco a poco. Le note si aggiungono alle note e gli strumenti si aggiungono agli strumenti, tassello dopo tassello. L’immagine utilizzata a supporto mostra i binari della stazione di Austin quasi a volerci sin da subito dire che di evasione dalla vita urbana stiamo parlando. Man mano che le note aumentano di potenza e di intensità, anche la fotografia inizia a mutare: mutano i colori e l’immagine si deforma fino a diventare illeggibile in un capovolgimento di ogni prospettiva. Con il secondo brano, The Estatics, siamo già lontani dalla città in una pura esplosione di gioia sin dalle primissime note. Vi è alternanza fra luci e ombre in questo processo di liberazione dalle costrizioni della vita urbana per arrivare a una dimensione più vicina alla natura. E così comprendiamo anche perché fra gli episodi più belli si debbano segnalare Tangle Formations e soprattutto Disintegrating Anxiety in cui dominano chitarra e batteria e per le quali si sono scelte come immagini illustrative, nel primo caso, una scala a chiocciola che finisce per sparire in dissolvenza e nel secondo un immobile spettrale che svanisce in una grande macchia rossa. Per contrasto la serenità domina Losing Light e Landing Cliffs; la prima è scandita dalle note di un pianoforte che conferisce alla traccia la purezza di un cristallo; la seconda, che chiude l’album, ci vede finalmente immersi nella natura selvaggia. Bellissima propria la parte finale del brano che conclude perfettamente tutto l’album, una struggente armonia di chitarra, piano e batteria.
8,3/10
httpv://www.youtube.com/watch?v=eHqbQnTeuKY
Wilderness