di Mariangela Macocco
Mercoledì 18 novembre, a margine del concerto dei Protomartyr al Point Ephémère, si sono esibiti i Ringo Deathstarr, gruppo texano attivo da ormai una decina di anni; è proprio in questi giorni, il 20 novembre, che viene pubblicato il loro settimo lavoro, Pure Mood, quarto album, che fa seguito all’EP God’s Dream, del 2013. Il gruppo, composto dalla bassista Alex Gehring, dal chitarrista Elliott Frazier e dal batterista Daniel Coborn si muove in uno spazio musicale all’intersezione fra post-grunge e noise-rock, e rivendica con decisione la propria filiazione dai pionieri dello shoegaze, in particolare i My Bloody Valentine. Pure Mood è un album molto ben strutturato ed è certamente in grado di mostrare tutte le sfumature musicali che fanno parte dell’universo sonoro della band, che miscela Nirvana e Smashing Pumpkins, Fugazi e Velvet Undergroung, reinterpretandoli in modo originale e personalissimo.
Il brano di apertura, per esempio, Dream Again, veste perfettamente la personalità di Alex Gehring: una voce sognante e sullo sfondo una melodia eterea scandita dal suono della chitarra. Non ci si deve tuttavia lasciare trarre in inganno. Le tracce successive (l’album si compone di 12 titoli) sono un alternarsi di brani ben più vigorosi ed energetici. È il caso, per esempio, di Heavy Metal Suicide, pezzo decisamente grunge, cantato da Frazier, che si alterna ad Alex Gehring nella parte vocale, con atmosfere che ricordano a tratti dei Nirvana aggiornati agli anni 2000 e miscelati agli Smashing Pumpkins. Stare At The Sun è un’altra traccia che mette in evidenza la personalità musicale di Alex Gehring ed è anche uno dei pezzi migliori dell’album; chitarre distorte, batteria martellante in un crescendo che raggiunge l’apice nel bellissimo refrain.
Guilt e Big Bopper sono altrettanto riusciti: sono i brani certamente da ascoltare per primi per entrare in confidenza ed iniziare a conoscere il gruppo, assieme a Boys in the Heat e Never che sono fra i migliori di Pure Mood. Altri pezzi appaiono forse meno riusciti: per esempio, California Car Collection e Old Again sono piuttosto ripetitivi e noiosi e sembrano più che altro un esercizio di stile nell’economia dell’album, che tuttavia si lascia ascoltare con grande interesse. Inutile dire che il gruppo è eccellente live e che vale la pena certamente seguirlo per quanto saprà fare in futuro.
7,3/10
httpv://www.youtube.com/watch?v=bAVv5G1jkW4
Guilt