Anais

Anaïs: il pericoloso fascino dell’amoressia.

Anais
Autoprodotto – 2013

 

In tempi brutti è bello poter parlare di canzoni, ascoltare un disco e dire ‘questa mi piace, quest’altra mi sembra meno centrata’ e così via. Si dirà che la cosa vale per qualsiasi album di qualsiasi genere, ma nel caso del  secondo lavoro degli Anaïs  entra in gioco una sorta di naturale empatia, quasi ci si trovasse, magari  senza volere, nel cuore delle situazioni ascoltate.

La musica lenitiva degli Anaïs

È questo il merito principale di brani che sembrano lenitivi e  carezzevoli, e in parte lo sono, senza però mai essere davvero rassicuranti. In un certo senso funzionano come i bravi amici che non ti dicono soltanto quello che vorresti sentire.

Lo slowcore degli Anaïs gioca sulla dialettica a mezze tinte fra le melodie circolari di Franco Zaio e i testi di Francesca Pongiluppi, la cui voce suona  perfetta per instillare, senza atti di accusa o peccati di psicoanalisi, una serie di dubbi sulla profondità della comunicazione (A cosa serve),  sul ruolo dell’attrazione (Occhi grandi) o sull’uso che si fa degli altri nelle relazioni sentimentali (Balsamo).

Le cover di Amoressia

In questo contesto risultano ineccepibili cover che altrimenti risulterebbero  risapute. Parliamo di Famous Blue Raincoat di Leonard Cohen e soprattutto di  There’s a Light That Never Goes Out degli Smiths, dove il “morire al tuo fianco è un modo celestiale di morire” suona come soluzione perfetta, ancorché drastica, all’insorgere della routine sentimentale. Forse in un disco come questo 14 pezzi sono troppi e forse l’iniziale A cosa serve vira troppo verso il ‘pop italiano’ anziché quello velvettiano, ma sono dettagli perché, come si diceva, è bello poter parlare di canzoni. 

7,5/10

 

Il cd costa euro 10,90 ed  è reperibile ai concerti del gruppo, presso il negozio Disco Club di Genova (discoclub@discoclub.fastwebnet.it) oppure tramite kelemata@inwind.it.

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Nello scorso secolo e in parte di questo ha collaborato con Rockerilla, Musica!, XL e Mucchio Selvaggio. Ha tradotto per Giunti i testi di Nick Cave, Nick Drake, Tom Waits, U2 e altri. E' stato autore di monografie dedicate a Oasis, PJ Harvey e Cranberries e del volume "Folk inglese e musica celtica". In epoca più recente ha curato con John Vignola la riedizione in cd degli album di Rino Gaetano e ha scritto saggi su calcio e musica rock. E' presidente della giuria del Premio Piero Ciampi. Il resto se lo è dimenticato.

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