child ballads

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La buona accoglienza ricevuta da Young Man in America non ha impedito a ad Anaïs  Mitchell di cambiare rotta in modo repentino per dedicarsi, assieme al musicista newyorchese Jefferson Hamer, ad una rilettura del corposo catalogo di ballate popolari inglesi e scozzesi raccolte dal ricercatore Francis James  Child verso la fine dell’Ottocento;  una vera e propria bibbia da cui hanno attinto grandi nomi come i Fairport Convention, Martin Carthy, Andy Irvine, Nic Jones e molti altri che  vengono giustamente  ringraziati nelle peraltro scarne note di copertina.

Prima dell’ascolto, l’abbinamento della voce piuttosto ‘indie’ e aspra della Mitchell con le antiche ‘ballads’  poteva sollevare qualche interrogativo, ma con l’affiancamento  di Hamer, che canta in tutti i brani, trova subito la  direzione giusta, quella di un approccio ‘moderno’ ma rispettoso verso i grandi interpreti del folk revival di cui sopra.

Le tracce sono solo sette tracce, per tre quarti d’ora scarsi, ma la scelta è oculata. Ci sono  Geordie, Sir Patrick Spens,  Willie O’ Winsbury e Tam Lin, quasi un ‘Child’s  Greatest  Hits’, quindi. Le chitarre acustiche dei due  sono accompagnate dal  basso  di Viktor Krauss, il violino di Brittany Haas  e pochi altri strumenti  (un organo a pedale, un tocco di fisarmonica) suonati  da Tim Lauer.  

 

7,5/10

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Recensore di periferia. Istigato da un juke-box nel bar di famiglia, si cala nel mondo della musica a peso morto. Ma decide di scriverne  solo da grande, convinto da metaforici e amichevoli calci nel culo.

Di Fausto Meirana

Recensore di periferia. Istigato da un juke-box nel bar di famiglia, si cala nel mondo della musica a peso morto. Ma decide di scriverne  solo da grande, convinto da metaforici e amichevoli calci nel culo.

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