Bob Dylan – Triplicate.
E siamo arrivati alla terza puntata di questo viaggio personale di Bob Dylan nei vicoli, a volte noti e più spesso dimenticati o sconosciuti, del grande scrigno di tesori della musica americana. Ancora una volta non si tratta della tradizione più propriamente ‘folk’ (almeno nel più frequente senso che questa parola assume) ma di ben trenta canzoni che risalgono agli anni ’40.
Bob Dylan prosegue il discorso dei due dischi precedenti
E ancora una volta Bob Dylan non presta alcun ascolto alle voci dissenzienti, a quelli che avevano criticato questo suo reinterpretare Frank Sinatra e che vedevano nei due lavori precedenti, Shadows In The Night e Fallen Angels, un semplice passatempo per chi non ha più nulla da dire e non sa stare zitto.
Questo Triplicate è, meglio dirlo subito, un lavoro molto bello, ben eseguito, registrato ancor meglio dei due precedenti e, soprattutto, cantato benissimo.
Triplicate: canzoni per l’uomo qualunque
I tre cd hanno titoli diversi, come a suggerire che si tratta di tre grandi porte oltre le quali si snodano stanze differenti e che allo stesso tempo si riferiscono a sensazioni, a sentimenti simili, con sfaccettature particolari ma che raccontano “l’uomo comune”, quello a cui spesso Bob Dylan stesso ha fatto riferimento nella lunga e interessantissima intervista a Bill Flanagan. Dylan dice che queste canzoni erano state scritte per “l’uomo qualunque” ed è a lui che si rivolge perché ognuna di esse nasconde l’essenza della vita e racconta la “condizione umana”.
I temi delle canzoni sono quelli che Dylan stesso ha esplorato nel suo lunghissimo viaggio musicale: inquietudine, solitudine, cambiamenti e soprattutto i misteri dell’amore. E sempre nella stessa intervista Dylan sorprende tutti dicendo che queste canzoni dicono cose che neanche lui avrebbe saputo scrivere, con semplicità e con immediatezza.
Bob Dylan continua a essere quello di sempre: imprevedibile
L’intero lavoro è registrato completamente dal vivo, senza sovraincisioni e senza alcun ritocco, con una band in cui Dean Parks sostituisce (momentaneamente?) Stu Kimball.
Volendo indicare i brani più belli – ma qui il discorso diventa estremamente personale – direi Me and My Only Love dal primo cd, The Best Is Yet To Come dal secondo e Sentimental Journey dal terzo.
In questo momento Dylan è questo e c’è solo da farsi prendere per mano, ancora una volta, senza troppi timori, e farsi portare dove lui vuole andare, senza neanche tentare di immaginare quale sarà la prossima strada che vorrà intraprendere: cosa si vuol prevedere in uno che ha sempre nascosto la sua vita privata, uno che riesce a ‘blindare’ anche la cerimonia del Nobel?
Disco eccellente. Buon viaggio!