Porteremo Gli Stessi Panni: in realtà un bel cambiamento per i Guignol.
Non si può certo dire che i Guignol non siano capaci di spiazzare i loro ascoltatori! Né che non sappiano rimettersi continuamente in discussione sperimentando percorsi per loro nuovi. Non sappiamo se ciò dipenda anche, almeno in parte, dai cambiamenti nell’organico della band intervenuti nel frattempo. Sta di fatto che, se vi accingete ad ascoltare questa loro ultima fatica, scordatevi le sonorità post punk – o, se preferite, new wave – di Abile Labile, nonostante siano passati appena due anni dall’uscita di quest’ultimo. Vero è che, in fondo, il blues metropolitano tanto caro e congeniale a Pier Adduce e compagni resta la cifra fondamentale dell’album. Tuttavia qui è declinato musicalmente molto di più sugli stilemi del folk e della canzone d’autore.
I temi di Porteremo Gli Stessi Panni
Un evidente segno di questo cambiamento si nota subito nella strumentazione, dove fanno capolino – inaspettati – perfino violino e armonica. Ma la presenza di questi strumenti non deve certo far pensare a un country blues, magari anche relativamente “allegro”: i temi cari al songwriting di Pier Adduce non sono cambiati e non l’avrebbero permesso. Pier è ancora, per fortuna, il cantore dello sradicamento del meridionale “deportato” nel profondo nord del boom economico e del disagio delle periferie milanesi (e non solo). E in questo disco si è incontrato con quel suo “omologo” che è stato Rocco Scotellaro. Non a caso le due canzoni che aprono e chiudono il disco (Padre Mio e Pozzanghera Nera 18 Aprile) sono appunto due poesie di Scotellaro e un verso della seconda fa da titolo al disco stesso.
Porteremo Gli Stessi Panni un disco personale anche nei testi
Accanto a queste “classiche” tematiche guignolesche , qui corroborate anche da chiari riferimenti letterari – e oltre a Scotellaro sembra di vedere abbastanza chiaramente in filigrana anche il Bianciardi de La Vita Agra -, c’è nel disco anche qualcosa di più. Qualcosa che sembra riguardare più da vicino il leader e le sue vicende personali, in particolare quelle familiari. E forse non è un caso che proprio in Padre Mio la sua voce sembri farsi particolarmente partecipe e ispirata, quasi sofferente. A questo “filone” sembrano rifarsi, oltre al già citato, soprattutto pezzi come Oggi Dopotutto e Sei Fratelli. Ma in questo c’è ben poco di “intimistico”, quanto piuttosto un “personale”. Che si modifica anche in seguito a precise situazioni “storiche e che quindi diventa “politico”, come usava dire una volta.
I Guignol tra periferie e metropoli
Il resto è un viaggio in quelle periferie che sanno trasformarsi in incubi.. Dove la speranza fatica a farsi strada, con personaggi che si muovono tra noia e disperazione e di cui brani come L’Orizzonte Stretto e 1979 costituiscono una sorta di vero e proprio manifesto poetico. Insomma, a dispetto di una veste musicale apparentemente più “morbida” e abbastanza lontana dalle precedenti, i Guignol continuano a farci da guida nei Dirty Blvd. di Quarto Oggiaro e dintorni e fra la loro tenera e disperata fauna. Il Lou Reed di Berlin e di New York è dietro l’angolo.
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