Planetarium: un album dedicato al sistema solare.

Planetarium è il nuovo progetto di Sufjan Stevens. Nato dalla collaborazione con Bryce Dessner dei National, si avvale degli arrangiamenti di Nico Muhly e delle percussioni di James McAlister. Settantacinque minuti per 17 canzoni, ciascuna delle quali dedicata a un corpo celeste. Alcune delle tracce erano già state presentate in pubblico nel corso di un concerto tenutosi ad Amsterdam nell’aprile del 2012. Ma non è solo il tema centrale di questo lavoro, una sorta di cosmogonia messa in musica, a rendere il progetto ambizioso. Tanto meno lo sono la durata e il numero dei brani. Gli estimatori di Sufjan Stevens sanno che non è facile avvicinarsi all’opera di questo affascinante musicista. La sua musica è una combinazione di sonorità spaesanti e di testi di grande complessità.
Minimalismo e sonorità classiche, rock ed elettronica convivono nel progetto di Sufjan Stevens
Questo lavoro non è da meno. Atmosfere che spaziano fra il rock e l’elettronica, minimalismo e ariosità barocche, misticismo, fede, amor sacro, amor profano, divinità dell’olimpo e gente comune. Tutto ciò e tanto altro ancora convive nella bellezza, a tratti sublime, di Planetarium.
Confesso che sono stata sin dal primo ascolto travolta dalla maestosità degli intrecci sonori che Planetarium offre. Si inizia da subito con Neptune, dedicato all’ottavo pianeta del sistema solare e al signore degli abissi. Il brano ci racconta in realtà di un innamorato abbandonato e e di un amore finito male: “Conserve me, strange waters/Come and obey me, strange waters/Have it your own way/So if you won’t hold me, I have no objections/So if you won’t please me/I make no commands/So if you don’t trust me, it’s best if I drown”.
Musica e testi convivono splendidamente nelle tracce di Sufjan Stevens – Planetarium
Splendido il pianoforte ad accompagnare la voce di Sufjan Stevens che tocca un po’ tutti i registri. Dai toni alti al falsetto a note più basse a creare un’atmosfera che pare davvero rubata alle profondità dell’oceano. La seconda traccia, Jupiter, è anche uno dei momenti più belli del disco. Ci racconta fra toni biblici e riferimenti incrociati alle divinità classiche del rapporto complesso con il padre. Un testo di grande suggestione e profondità si intreccia ad una melodia complessa e avvolgente, con un andamento in crescendo e continue variazioni di ritmo. Fare una classifica e dire quale sia il brano più bello è impresa ardua. Mi limito a segnalare Mars, dedicata al dio della guerra, Venus che racconta di un amore estivo in un campeggio metodista, Moon, Saturn e, in chiusura, la splendida Mercury.
Un album non di ascolto immediato ma da non perdere in questo 2017.
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