Skins: il disco postumo del maledetto, geniale XXXTentacion.
“Ciao, sei venuto qui in cerca di sollievo, eh? Senti il bisogno di ispirare la tua anima? Vuoi sparire in un posto per sentirti fuori dalla tua pelle? Beh, ne hai trovato uno: un posto dentro alla mia mente”. Una voce robotica introduce il nuovo/postumo disco di XXXTentacion.
La breve vita violenta di XXXTentacion/Jahseh Onfroy
Si è sempre molto prevenuti sui dischi postumi, soprattutto su quelli di artisti tormentati e sventurati quali Jahseh Onfroy, ucciso a soli 20 anni il 18 giugno 2018, dopo una breve intensa drammatica vita di eccessi, violenze, contraddizioni e casini con la c maiuscola. Ma anche tanta bella, bellissima musica, che resterà negli anni, a differenza di molto rap/trap/gangsta/hip hop di cui nessuno ricorderà niente fra pochi mesi.
Certo, alla memoria imperitura contribuirà la tragicità del personaggio, ma qui e nei dischi precedenti (17 e ?) ci sono pezzi che meritano di restare impressi e ricordati fra i migliori di questi anni. E non parlo solo di trap, rap, black music: XXXTentacion spesso travalica il genere a cui moltissimi lo pensano relegato, sconfinando in una musica con riferimenti e rimandi a 360 gradi (da Kurt Cobain, uno dei suoi artisti preferiti, al metal, all’indie da cameretta).
Il sorprendente senso della misura dei pezzi di Skins
Spesso i pezzi durano intorno due minuti, e le scelte compositive e sonore sono tutte guidate da uno straordinario senso della misura e della sintesi. Non ci sono suoni né parti di troppo, in questo e negli altri dischi di XXXTentacion. Confesso che, da 54enne rockettaro sovrappeso, ho conosciuto il personaggio grazie ai miei figli (17 e 21 anni), che mi hanno fatto capire che non tutta la trap è paccottiglia. E forse ha ragione il mio amico discografico quando dice che questo è il punk dei nostri giorni. In fondo come i punk del secolo scorso questi sono ragazzi anticonformisti confusi e infelici, pieni di rabbia, poesia e creatività, con un gran casino nella testa, e nella vita.
Dopo un’intro quasi psichedelica, Guardian Angel snocciola un rap velocissimo su una ipnotica base mandata al contrario. Train Food è solo un accordo ripetuto di pianoforte condito da rumori di treno, su cui rappare con ansia ansiogena: “Fatti la domanda finale: stai andando giù o su? Ricordandoti tutti i momenti in cui te ne sei sbattuto il cazzo, ora è
qui, la morte ora è arrivata, il tempo è finito”. Whoa (Mind In Awe) è un meraviglioso riff pseudo-giapponese su cui il nostro lancia il suo lamento accorato sul passato. “Stavo fissando il cielo, cantando ninne nanne tossiche”: Staring At The Sky, inizialmente guidato da una chitarra vagamente spagnoleggiante, esplode poi in un urlo metalcore (“Scappa
dal tuo dolore!”). Dura 1 minuto e 25 secondi, eppure è una canzone, un pezzo di musica completo.
XXXTentacion fra Kanye West, Marvin Gaye e… gli Smiths
One Minute (con la partecipazione di Kanye West, nientemeno) ha un tiro degno dei Rage Against The Machine, e Onfroy urla come un hardcore punk “Un minuto! Un minuto!”. Difference (1 minuto e 17!) sembra un frammento
di soul alla Marvin Gaye: “Piccola, voglio mostrarti delle cose, posso essere diverso?”. I Don’t Let Go ipnotizza con la sua straniante base di marimba orientali. In conclusione la struggente What Are You So Afraid Of?, quattro note di chitarra per un’agrodolce ninna nanna che mi ha fatto tornare in mente Asleep degli Smiths, non so se mi
spiego: “Di cos’è che hai così paura? E’ l’amore o è lo sprecare il tuo tempo?”.
Uno dei migliori dischi dell’anno, da ascoltare e amare senza preconcetti.
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