Bob Dylan e Don DeLillo – Parte I
Prendiamo spunto dal Nobel attribuito a Bob Dylan e molto discusso per avviare una riflessione sul rapporto tra rock e letteratura. Cominciamo proprio con Dylan e Don DeLillo, uno di quelli che avrebbero potuto ricevere il premio.
Don DeLillo, Zero K e i versi di Bob Dylan
Se la letteratura è profezia, Don DeLillo nel suo ultimo lavoro Zero K dimostra di trovarsi completamente a suo agio in questa nuova dimensione. Ricordate i versi di Dylan tratti da Highlands: “I’ve got new eyes / Everything looks far away”? Occhi che vedono lontano, proprio come accade ai protagonisti del libro di DeLillo. Quando una recente tecnologia permette loro di scorgere la realtà con una radiosità e una nitidezza che sembravano preclusi fino ad ora alla razza umana.
Si trovano in un posto esclusivo, destinato a miliardari più o meno visionari che hanno deciso di lasciarsi ibernare (e quindi di suicidarsi). Per rinascere in un futuro in cui le potenzialità della nostra mente saranno pienamente fruibili. Una scommessa sulle possibilità evolutive della specie grazie all’acquisizione di gradi superiori di consapevolezza e di conoscenze mediche.
Oggi puoi essere un malato allo stadio terminale ma il domani in cui ti risveglierai provvederà, nel tuo caso, a tutti gli strumenti necessari per godere di una vita piena. Una morte chimica e temporanea che presagisce a una nuova era. Dove il sogno di campare quasi per sempre diventa perseguibile. Una sfida al senso comune e alle finitezze delle aspettative generali. Una religione diversa dalle altre, perché si propone di mantenere ciò che promette in maniera dimostrabile.
“Diverremo cittadini dell’universo”, dicono i personaggi di Zero K. Diremo addio all’attuale civiltà e ci espanderemo. Provocheremo conflitti. I profeti di sventura rivorranno indietro il culto della morte e le vecchie abitudini, si scatenerà un massacro.
Bob Dylan, David Bowie e uno strano musical
Già nel 1992 Leonard Cohen cantava “I’ve seen the future baby / it is murder”. Perché ricordarlo? Ne vale la pena, soprattutto alla luce di due composizioni racchiuse nell’ultimo album di Cohen prima della sua scomparsa. Nella prima annuncia che ci sta lasciando: “I’m leaving the table / I’m out of the game”. Nella seconda – Traveling Light – che lui viaggerà leggero e il suo è un arrivederci, non un addio.
Non dimentichiamo inoltre che sono circolate strane voci su una presunta morte “premeditata” di David Bowie proprio quando il Duca Bianco stava progettando un musical dalla trama piuttosto bizzarra. Il ritrovamento di canzoni inedite in seguito alla morte immaginaria di Bob Dylan. Tutti elementi che indicano come l’immaginario intorno alla musica rock e la visione di DeLillo abbiano molto in comune. Un desiderio di vivere per sempre o quasi, come i vecchi personaggi biblici. Leonard Cohen in una vecchia intervista l’aveva detto che un giorno le canzoni della sua epoca sarebbero state viste come l’inizio di una religione. E i miliardari di Zero K venerano l’immortalità.
Nel 1973 Don DeLillo inventava una rockstar somigliante a Dylan
Molti hanno visto più di un’assonanza tra il personaggio principale di Great Jones Street, uscito nel 1973, e la figura di Bob Dylan. Entrambi abbandonano le scene per un certo periodo, Dylan in seguito all’incidente motociclistico, la rockstar inventata da DeLillo per eccesso di noia. Anche in questo libro DeLillo non rinuncia ad accennare a tecnocrati e amministratori di morte legalizzata, né al loro connubio con lo show business quando descrive cosa gli artisti amano celebrare in quelle sfere.
“E noi avremmo passato in rassegna la mostra euforici di morfina, studiando proporzioni e contorni di quegli organi per ammirare la bellezza implicita in quello che un tempo eravamo. Una volta morti, con i ventri aperti e gocciolanti, ci avrebbero sistemati in celle frigorifere su ascensori e spediti in orbita silenziosa intorno alla Terra. Dove i nostri organi sarebbero stati catalogati e messi in serbo con cura. O magari, se scoperti difettosi, dati in pasto ai poveri”.
E un’assonanza esiste senz’altro. Il personaggio di DeLillo, con uno studio di registrazione personale, si diverte a incidere su nastro canzoni misteriose e piene di imperfezioni. Nella stessa vena in cui Dylan a Woodstock improvvisava quelle che sarebbero diventate The Basement Tapes. Cioè una specie di Sacro Graal per il suo pubblico…