Una sola traccia, lunga 54 minuti. Brian Eno ha salutato l’inizio del 2017 con la messa in linea e la pubblicazione del suo 19° album in studio, dall’evocativo titolo Reflection.
Reflection e il processo creativo
In una recente intervista, apparsa su Loud and Quiet, Brian Eno ha dichiarato che il titolo rimanda, da un lato, al processo creativo che lo permea, dall’altro, al differente modo in cui ciascuno di noi può ad esso avvicinarsi, a seconda del momento o dello stato d’animo. Reflection è, ancora una volta, un lungo esperimento, una meditazione sulla musica. Le note si susseguono indefinitamente, una dopo l’altra. Rincorrendosi sempre uguali e sempre diverse, scorrendo come un fiume, senza inizio e senza fine. L’effetto è uguale a quello di un raggio di luce colorata che illumina improvvisamente una stanza buia. Come la luce diventa sempre più intensa, così anche le note, ripetendosi, creano un effetto di sempre maggiore intensità.
Brian Eno, inventore dell’Ambient
Non è da oggi che Brian Eno si confronta con queste sperimentazioni sulla ripetizione e la durata nell’ambito della produzione musicale. Risale infatti alla fine degli anni ’70 Ambient 1/ Music for Airports. E già ai primi di quel decennio c’erano stati gli esperimenti insieme a Robert Fripp, No Pussyfooting e Evening Star.
Reflection giunge come ennesimo e ultimo tentativo, in ordine di tempo, di sfidare le classiche regole della composizione. Dando vita ad un lungo brano che pare non avere inizio e non avere fine, in una sorta di autogenerazione, mantenendo per tutto il tempo un andamento quasi circolare. Rispetto ai primi lavori, le note sembrano sempre più autogenerantesi, gli strumenti musicali sono sempre più indistinguibili. Lasciando alla musica il compito di dispiegarsi in maniera autonoma. La presenza umana (in questo caso del musicista) si fa sempre più sfuocata, sempre più distante.
Reflection è anche una applicazione studiata da Brian Eno e Peter Chilvers per la Apple
L’album, disponibile su supporto fisico, oltre che sulle consuete piattaforme streaming, è accompagnato anche da una applicazione studiata con Peter Chilvers per la Apple. A una rapida occhiata appare evidente il senso dell’allusione di Eno alla luce colorata come termine di paragone. Miriadi di frammenti colorati si rincorrono infatti sullo schermo, uno dietro l’altro. Creando dei grandi rettangoli e quadrati che riportano alla mente i dipinti di Rothko.
La musica che a essi si accompagna, come i colori, assume una diversa intensità a seconda del momento della giornata. Più vivida durante il giorno, più oscura di notte. Siamo ben lontani dal classico prodotto rock, ma indubbiamente, le sperimentazioni di Eno sono sempre di grande interesse e perfettamente riuscite.
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