Se credete che il folk sia musica gentile ecco la Wasteland di Jim Ghedi.
Con il suo quarto album Jim Ghedi entra definitivamente nel novero di coloro che fanno musica definibile come folk, ma con dentro ben poco di pastorale o rassicurante. Si potrebbe anzi dire che il folk di Wasteland sia il suono perfetto per un’epoca drammatica quale la nostra, a cui aggiunge il dolente patrimonio di cento altre del passato. Non che il precedente In the Furrows of Common Place fosse granché solare, maWasteland è davvero un cantico dell’oscurità (doom folk?), accostabile a False Lankum dei Lankum, Peasant di Richard Dawson o Cold Blows The Rain di Bridget Hayden.
La Wasteland britannica secondo Jim Ghedi
Al rientro a Sheffield, dopo un soggiorno di un paio d’anni Irlanda, è come se Ghedi abbia visto la Gran Bretagna con occhi nuovi trovandola mostruosa, quasi che nulla fosse cambiato dai tempi della Rivoluzione Industriale, quella raccontata in presa diretta dalla canzone-testimonianza The Dalesman’s Litany e che qui ci sarebbe stata benissimo (ne hanno fornito versioni magistrali Dave Burland e Christy Moore).
Un disco potente e fosco
I brani firmati da Ghedi vengono condotti con vigore dalla chitarra elettrica dell’autore e dal violino di David Grubb (anche produttore del lavoro) e ben supportati dalla batteria di Joe Danks. Suonano potenti, vigorosi, apocalittici – su tutti Sheaf & Feld – con la voce che quasi si trasfigura (pronuncia inclusa) trovando falsetti innaturali o, volendo esagerare, soprannaturali (*). L’unico momento di serenità è rappresentato dal quadro agreste di The Seasons, un testo del poeta irlandese Joseph Campbell messo in musica per quattro voci (una è quella di Cormac MacDiarmada dei Lankum).
A corroborare il nucleo narrativo delle composizioni originali provvedono il tradizionale What Will Become Of England, dove il titolo dice già tutto, e due brani del principale autore politico delle isole britanniche, Ewan Mac Coll, con due brani poco conosciuti come Just a Note e Trafford Road Ballad, quest’ultima un invito alla solidarietà internazionalista contro la guerra. E non suona datato, anzi.
(*) A parere di Fausto Meirana, collaboratore di Tomtomrock, in Wasteland Jim Ghedi “canta come se avesse ingoiato un cancello”.
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