Weezer: per sempre giovani, ma con fatica.

Ai tempi del primo album dei Weezer (1994) Rivers Cuomo, leader del gruppo, era un tipo simpatico. Parlava con una modalità da fan dei suoi musicisti di riferimento. Spiegava che un pezzo come Only In Dreams era un omaggio ai Sonic Youth e poi chiedeva, con una certa preoccupazione, se ti era piaciuto. Buffo che quel disco di esordio abbia fatto diventare lui un musicista di riferimento (i video di Buddy Holly e Say Ain’t So hanno decine di milioni di visualizzazioni).
Rivers Cuomo e i Weezer maestri del nerd-rock
Ventitre anni e 11 album dopo, Rivers Cuomo continua a mantenere la stessa attitudine vagamente indifesa e nerd verso la vita e l’arte. Se lo faccia ormai per posa non è dato saperlo, anche se pare di no. Sarebbe carino chiacchierare di nuovo con lui.
Secondo alcuni recensori, Pacific Daydream è disco più pop e moderno del “White Album” uscito l’anno scorso. In realtà le differenze non sono molte, se non per il fatto che le reminiscenze anni ’70 e ’80, con le ormai canoniche tastiere vintage (vedi anche Beck), suonano più esplicite.
Il punto è che i Weezer del 2017 suonano ovvi e un po’ fiacchi. Come altre volte nella loro carriera sembra abbiano bisogno di ricaricare le batterie. Perché anche le batterie nerd hanno bisogno di ricarica.
Certo, l’iniziale Mexican Fender si fa canticchiare subito, i cori sono sempre belli e un titolo come Beach Boys ufficializza un amore ben noto. Anche l’idea di un album come sequenza di pezzi per rocker da cameretta è carina. E a Rivers Cuomo è impossibile non voler bene neanche di fronte a un pezzaccio da cuore infranto male come Get Right o ai ricordi un po’ scontati da studente anni ’90 ovviamente goffo di Any Friend Of Diane’s.
Pacific Daydream è piacevole senza lasciare il segno
Il problema è che alla fine dell’ascolto resta poco. In particolare, la scrittura attinge alla maniera più che all’ispirazione. Un problema per una musica che sogna di restare per sempre giovane anche nelle rughe. Allora è meglio ascoltare dei giovani veri, ancorché vintage nell’anima, come i Lemon Twigs.
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