il Teatro degli Orrori

Il Teatro degli Orrori – intervista con Pierpaolo Capovilla e Giulio Ragno Favero.

Il ritorno de Il Teatro degli Orrori è davvero una bella emozione. La loro uscita di scena aveva generato un vuoto non colmato. Del resto, come sostituire la magica alchimia di una delle band più rilevanti degli anni 2000? Ecco allora un tour che si chiama ironicamente “Mai dire mai” e che sembra almeno per il momento sgombrare il campo dai malumori che avevano condotto allo scioglimento.

Ho avuto l’opportunità di essere a Firenze per la data del 25 febbraio al Teatro Cartiere Carrara. La folla delle grandi occasioni ha accolto il quartetto sul palco ed è stato come assistere ad un rito collettivo. Perché è stato lo stesso Pierapolo Capovilla, frontman del gruppo, a dichiararlo al pubblico, alla fine: “Questo concerto lo abbiamo fatto assieme”.

Rivederli dal vivo è stato bello, ma soprattutto hanno convinto appieno. L’energia c’è, le canzoni sono quelle che tutti conosciamo, impossibile non augurarsi che questo sia solo il primo tassello di qualcosa di più, magari nuovi pezzi, un disco, chissà.

Prima del live, ho scambiato due chiacchiere con Pierpaolo Capovilla e Giulio Ragno Favero.

La prima domanda, la più banale: come mai avete deciso di rimettervi assieme e cosa vi aspettate da questa reunion?

Pierpaolo Capovilla: Abbiamo ricevuto delle proposte per un tour e abbiamo colto l’occasione per mettere da parte gli orgogli e ritrovarci a suonare insieme.

Giulio Ragno Favero: C’è stata una congiunzione di eventi e volontà. Assieme alla pubblicazione della ristampa in vinile di “Dell’Impero Delle Tenebre”, ai commenti che si susseguivano da anni per convincerci a ripensarci e alla proposta di diverse agenzie di booking, abbiamo capito che era il momento di rimetterci in gioco e lasciare alle spalle le incomprensioni. Invecchiare aiuta anche a imparare a fare le giuste valutazioni in merito a questioni importanti come ritornare sui propri passi e pensare al futuro piuttosto che il passato.

Come è stato riprendere in mano le vecchie canzoni e suonare di nuovo assieme?

Pierpaolo Capovilla: Emozionante, per forza.

Giulio Ragno Favero: Ritrovarsi a suonare è stato naturale e relativamente semplice. Riprendere in mano i pezzi vecchi un po’ meno: ti ritrovi con un te cinquantenne che chiede al te trentenne “ma in base a quale strana convinzione hai pensato che questo giro di basso fosse il migliore per questo pezzo?”

Suonerete canzoni nuove? O, comunque, pensate di fare nuova musica come Teatro degli orrori?

Pierpaolo Capovilla: Dal vivo suoneremo canzoni da tutto il nostro repertorio, ma non cose nuove.

Giulio Ragno Favero: Confermo, sicuramente non ci sarà nuova musica in questo tour, ma nel futuro non lo escluderei.

La situazione musicale, non solo italiana, non è rosea. Eppure il rock non muore, neppure per gli ascoltatori più giovani – penso ad esempio al nuovo post punk inglese, ma anche a grandi album di band storiche e al rinnovato interesse per i dischi fisici (una moda, forse, ma con risvolti positivi). Voi che idea vi siete fatti?

Pierpaolo Capovilla: Che il rock non è morto perché non vuole morire.

Giulio Ragno Favero: Mi piace fare un parallelo con un aneddoto legato a Bob Weston, bassista degli Shellac, che durante la registrazione di “Radiale” degli Zu, nel 2003, alla domanda di cosa ne pensasse della registrazione in digitale che in quegli anni stava prendendo piede disse, indicando il registratore a nastro che stava usando: “This ain’t broken, it still works just fine”. Ecco, esattamente come l’analogico continua a fare il suo lavoro, il rock, il punk, il noise e in generale la musica alternativa viscerale continua a funzionare. Sicuramente son cambiati i motivi per cui si inizia a suonare e magari si hanno approcci diversi, ma son certo che il futuro vedrà molte più chitarre di quelle che ci si aspetta, perché anche quelle “non sono rotte, funzionano benissimo”.

La prima volta che vi ho intervistati, entrambi, è stato 25 anni fa, come One Dimensional Man. Già allora non mettevate la testa sotto la sabbia (fin dal nome della band). Oggi la gran parte di chi inizia a fare musica sembra volersi occupare solo del proprio ombelico. Eppure stiamo attraversando un momento storico particolarmente cupo, ci sarebbero molti motivi per incazzarsi. In situazioni del genere, cosa può/deve fare un artista, secondo voi?

Pierpaolo Capovilla: Eh… Dici bene. Un momento storico cupo e l’ombelico della musica. Tempo fa leggevo che oggigiorno è possibile calcolare quanta CO2 produce un’e-mail o un messaggio su whatsapp. La Rete è un mostro energivoro. Ho scoperto che l’industria del porno, da sola, produce tanta CO2 quanto la Francia e che Netflix, che è un’unica azienda, ne produce quanto il Cile. Insomma, stiamo a masturbarci o guardare le serie mentre il mondo ci crolla addosso. Tanto vale ascoltare anche Emis Killa o le star sanremesi, no? Scherzi a parte, il momento storico è così cupo che dovrebbe veramente inquietarci e chiamare tutte e tutti, non solo gli artisti, a quella che una volta definivamo ‘vigilanza democratica’. Altroché.

Giulio Ragno Favero: Un artista, secondo me, oggi come ieri, deve essere in primis onesto con se stesso e con il suo pubblico. E non dovrebbe aver paura di esprimere opinioni in merito alla bolla sociale in cui vive e crea, perché ogni attimo che scorre, e accadimento, sono linfa vitale per esprimere e fare esprimere emozioni. Censurarsi o, peggio ancora, non avere altre idee se non quelle che vengono poste come modello da seguire dai social o altre forme di informazioni, lascia veramente il tempo che trova. Oggi le cose cambiano  velocemente e sono molto fiducioso nelle generazioni che verranno: come è sempre successo, ci sarà una rinuncia all’appiattimento e all’omologazione e verranno generate nuove forme di energia artistica. Nel frattempo, speriamo di poter esserne testimoni.

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Avvocato e giornalista, marito devoto e padre esemplare, scrive di musica e fumetti sulle pagine de Il Tirreno e collabora/ha collaborato con numerose altre testate cartacee e non, oltre a non curare più un proprio blog. Fa parte della giuria del Premio Ciampi.

Di Guido Siliotto

Avvocato e giornalista, marito devoto e padre esemplare, scrive di musica e fumetti sulle pagine de Il Tirreno e collabora/ha collaborato con numerose altre testate cartacee e non, oltre a non curare più un proprio blog. Fa parte della giuria del Premio Ciampi.

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