A Scuola da John Vignola - I Beatles e il Doppio Bianco | Tomtomrock

Un De André televisivo che lascia il segno.

Fabrizio De André Principe libero - A scuola da John Vignola

E’ il momento giusto, forse, per raccontare un po’ meglio quello che ha suscitato Principe libero, il film tv diretto da  Luca Facchini e dedicato a Fabrizio De André. Un film capace di accendere discussioni, come da tempo non capitava, su questioni musicali, di costume, di appartenenze a e via dicendo. Seguito da un numero impressionante di spettatori tanto sul grande quanto sul piccolo schermo, Principe libero è arrivato proprio in questi giorni a una  pubblicazione su dvd che chiude il cerchio (1). Un felicissimo connubio di divulgazione musicale e fatturato economico.

Il ‘brand’ Fabrizio De André

Se aggiungiamo a questo l’uscita in edicola di tutti gli album originali di Faber in vinile e un’operazione di qualche mese fa che ristampava in “alta definizione” molte canzoni (2) del poeta nato a Genova, ci accorgiamo che mai come di questi tempi Fabrizio De André è stato un brand, un marchio. Un bollino blu di qualità, potremmo dire. E il bollino blu è proprio uno dei temi di questo film (una volta li chiamavamo sceneggiati), dove sotto la supervisione meticolosa di Dori Ghezzi si dipana la storia di un rampollo dell’alta borghesia del dopoguerra che insegue la sua creatività senza anteporle mai nulla, dai rapporti personali ai contrasti familiari (che non escludono comunque un sostentamento economico costante da parte della famiglia). Il De André di Principe libero è disapprovato  costantemente dal padre che comunque gli trova un lavoro (3), lo aiuta nella costruzione della fattoria in Sardegna, non può che pagare il riscatto per il rapimento del 1979; il fratello lo appoggia sempre e lo aiuta legalmente; la prima moglie Puni accetta qualsiasi tradimento purché lui ritorni sempre  a casa da lei; l’amico Paolo Villaggio (4) lo coinvolge nei suoi primi spettacoli teatrali.

Le critiche al progetto

Solo Dori Ghezzi spezza il cerchio di complicità assoluta a favore di un vero rapporto a due. In questa parabola, quindi, chi ha criticato l’operazione come eccessivamente celebrativa forse non si è accorto che un certo egoismo d’artista di Fabrizio è una delle costanti narrative, a fianco di una convincente ricerca sulle immagini. Ecco dunque che alcune sequenze ricordano esattamente concerti, documentari e interviste in cui De André appariva con gli stessi vestiti, gli stessi atteggiamenti e le stesse scenografie del film.

Principe libero: un De André più privato che pubblico

Lo stesso si può dire della musica che è usata per scandire i momenti della vita dell’artista, qui rappresentato essenzialmente nella sua sfera privata più che in quella pubblica. Come ha spiegato Dori Ghezzi presentando il progetto, “chi conosce a fondo l’opera di Fabrizio, non è detto che conosca davvero la sua vita: questo è un film su di lui, non su quello che ha scritto e cantato”. Sotto questo profilo, la sceneggiatura di Francesca Serafini e Giordano Meacci riesce a mettere insieme dichiarazioni pubbliche e private dell’artista e a inserirle nei continui dialoghi che ha con gli altri (uno struggente Riccardo Mannerini [5], un romantico Luigi Tenco, un arruffatissimo Paolo Villaggio).

L’accento “sbagliato” di Luca Marinelli

Se manca qualcosa, ma è un’omissione strategica, è proprio quel Faber difficile da rappresentare: il padre assente, l’uomo anche manesco nelle sue relazioni più strette e non così indifeso come forse può sembrare guardando Principe libero. Del resto, la dipendenza dall’alcool, dal tabacco e dal sesso sono proposte senza grandi censure (6). Tenendo conto che questo progetto è anche un atto d’amore per uno dei più grandi poeti del ‘900 da parte della Fondazione De André e di quella che è stata la donna della sua vita, possiamo davvero giudicarlo come  un momento di incanto. E’ una storia bene orchestrata e interpretata – o potremmo scrivere rappresentata – molto correttamente dagli attori, soprattutto da quel Luca Marinelli a cui è stato imputato un accento “sbagliato” (quello romano) (7) senza voler cogliere tutto il resto: la forza espressiva, la voce, l’immedesimazione emotiva, la bravura di un attore che dà a questo Fabrizio De André tutto se stesso ricevendo in cambio moltissime cose.

Note:

(1) Principe libero è uscito prima nelle sale cinematografiche per essere programmato in televisione dopo pochi giorni. Subito a ridosso è arrivato il dvd. Una pianificazione ineccepibile.

(2) Si tratta dell’antologia Tu che m’ascolti insegnami. Settantotto brani scelti da Dori Ghezzi.ù

(3) Come vicepreside di una scuola privata nel quartiere genovese di Sampierdarena. Leggi qui.

(4) Paolo Villaggio è co-autore di due canzoni interpretate da Fabrizio De André. Si tratta de Il fannullone e Carlo Martello ritorna dalla Battaglia di Poitiers. Vennero pubblicate su 45 giri nel 1963.  La seconda si ascolta anche sull’album Volume I.

(5) Su Riccardo Mannerini leggi anche qui.

(6) Per approfondire la biografia di De André i testi non mancano di certo. Da citare almeno Belin, sei sicuro. Storia e canzoni di Fabrizio De André (Giunti, 2003). Il volume è a cura di Riccardo Bertoncelli.

(7) Sulla questione “accento di Marinelli-Faber” leggi anche qui.

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Ammiratissima voce radiofonica di Rai Radio 1, John Vignola è anche autorevole esperto di musica. Ha collaborato per anni con riviste quali Rockerilla e Mucchio Selvaggio, oltre a occuparsi di rock e dintorni per diverse testate “generaliste”. Faticherebbe a vivere felice senza i Beatles.

Di John Vignola

Ammiratissima voce radiofonica di Rai Radio 1, John Vignola è anche autorevole esperto di musica. Ha collaborato per anni con riviste quali Rockerilla e Mucchio Selvaggio, oltre a occuparsi di rock e dintorni per diverse testate “generaliste”. Faticherebbe a vivere felice senza i Beatles.

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