Ultime uscite dell’anno tra hardcore rap e r’n’b più o meno pop
Mary J Blige
Veterana della scena r’n’b molto lontana dal pop contemporaneo, più prossima alla tradizione soul, Mary J Blige era recentemente passata in secondo piano, a corto di ispirazione e soprattutto di qualcuno che le scrivesse canzoni come si deve. Con The London Sessions (Universal/Island – 2014) prende la strada dell’Inghilterra, collabora con i Disclosure su Right Now e inaugura una pista per lei in larga parte inedita. Funziona a tratti, ma dimostra che Mary J non è finita e che potrebbe trovare ancora canzoni di pregio come quelle che l’anno resa famosa a cavallo tra 90s e 00s.
7/10
J.Cole
J.Cole è al terzo disco, ma 2014 Forest Hills Drive (Roc Nation/Columbia – 2014) è certamente il suo progetto più importante. Il giovane rapper sfoggia una bella sicurezza e la certezza di avercela fatta. Flow di buon livello, produzione ariosa che pesca dal meglio della scena contemporanea quanto a suoni e atmosfere, 2014 Forest Hills Drive è sicuramente fra le uscite rap più convincenti di questo scorcio di anno. Tuttavia, a J.Cole manca un pizzico di personalità in più per trasformare un buon disco in una riuscita totale, e francamente gli oltre dieci minuti di ringraziamenti rappati nel finale sono insostenibili; scriverli sul booklet come si fa in genere sarebbe stato più che sufficiente.
7,2/10
Ghostface Killah
Mentre si celebra l’uscita del disco che riunisce il Wu-Tang Clan, a sottolineare la scarsa coesione della band, ormai nota da anni, ecco che Ghostface Killah gli fa concorrenza con il suo 36 Seasons (Salvation – 2014), da molti salutato con favore perché decisamente più hardcore di A Better Tomorrow. In realtà le basi rispondono ampiamente alla medesima ispirazione soul, in questo caso sottolineata dall’inserimento, a dire il vero eccessivo, di interi brani degli originali. Nell’insieme un disco interessante per i fan del vecchio Wu-Tang Clan e delle sue molte diramazioni; il flow di Ghostface Killah risulta sempre incisivo e 36 Seasons soffre soltanto di una lieve monotonia di fondo che si manifesta nell’ascolto dall’inizio alla fine.
7/10

Hunger Games: Mockingjay Part 1
Hunger Games: Mockingjay Part 1 (Republic – 2014) è ovviamente la colonna sonora del nuovo episodio del film di successo ed è affidata all’astro nascente di Lorde, che si muove tra hip-hop e il pop gentilmente epico che lei stessa esegue. Il brano più trascinante è l’iniziale Meltdown che utilizza lo strumentale di Stromae, Merci, come base per i rapper Pusha T, Q-Tip e altri con ottimi risultati. Altrove il ritmo è più calmo: Lorde ha chiamato al lavoro nomi di un certo peso fra vecchi e nuovi (Bat For Lashes, The Chemical Brothers, addirittura Grace Jones) e qualche stella nascente dell’r’n’b come Tinashe e Raury (bella la sua Lost Souls). I brani da lei stessa proposti sono fra i migliori: soprattutto Yellow Flicker Beat, anche in versione remixata da Kanye West. Piacevole nel complesso la colonna sonora, probabilmente molto più del film.
7,3/10
Nicki Minaj
Indimenticabile il cameo di Nicki Minaj su Monster di Kanye West. Tutto lasciava pensare che ad aspettarla ci fosse un brillante quanto sconvolgente futuro, e invece la strada scelta è stata quella di un hip hop annacquato che nemmeno questo Pinkprint (Universal/Island – 2014) risolleva più di tanto, anche se si tentano suoni più moderni, debitori del dubstep e delle correnti produzioni inglesi (anche lei). Ma tristemente mancano canzoni di peso, a partire dal singolo Anaconda, che si dimentica passato il primo ascolto (meno il video per le dimensioni – vere o ritoccate? – del lato b che non sono passate inosservate).
5/10