Il ritorno dei Mazzy Star 17 anni dopo il disco precedente.

Diciassette anni dalla puntata precedente ma sembra ieri.Ascoltando il nuovo album dei Mazzy Star si percepisce un senso di domesticità straniata, all’incirca come rientrare in una casa rimasta chiusa e intoccata per molto tempo. E’ tutto uguale ma è tutto diverso perché noi, nel frattempo siamo cambiati. In altre parole, quello che nella musica di Dave Roback e Hope Sandoval risultava fascinoso resta pressoché immutato e dunque ancora fascinoso. Anche irritante, però: dopo tanti anni l’attitudine perennemente svaporata dei due sembra una posa e la paura del palco della cover girl alternativa Sandoval è così ostentata e pubblicizzata da risultare elegante artificio scenico.
Seasons Of Your Day è un disco la cui intensità è autoriflettente, ritorna ai due musicisti e non chiede né vuole partecipazione altrui. La passione non è prevista, al più rappresentata. Forse occorre scavare un pochino per trovarla, anche se probabilmente lo sforzo verrebbe considerato dai nostri un atto dovuto. I due non stanno in una torre d’avorio, visto che la loro musica attinge ai suoni delle radici, ma in una torre di legno con un profondo fossato intorno sì.
Seasons Of Your Day: un bel disco, nonostante tutto
Però, come si diceva, il disco è bello ( ancor più bello proprio per questa sua parte ‘fastidiosa’), migliore del precedente Among My Swan e al livello di She Hangs Brightly e So Tonight That I Might See, ed è prodotto magnificamente, così da fondere con totale eleganza gli elementi classici del passato (psichedelia, shoegaze, alt-folk, ‘dream-pop’) a tocchi country e blues che si sono fatti più pronunciati. E’ un disco suadente, notturno e magico, così magico che se provi a toccarlo si sposta più in là e se ci riprovi si sposta di nuovo. Però in un pezzo si sente la chitarra di Bert Jansch e lui per un attimo fa diventare tutto e caldo e vero. Così triste che Bert non ci sia più.
7/10