emidio clementi notturno americano

emidio clementi notturno americano

di Antonio Vivaldi

Come è diverso l’Emidio Clementi che nel 1985 ti si impone di potenza ne Il Primo Dio (Massimo Volume – Lungo I Bordi) da quello che trent’anni dopo ti lavora dentro in 1914 (Notturno Americano). Trent’anni e non sentirli, o almeno non sentir scemare l’amore per Emanuel Carnevali, forse il più grande outsider della letteratura italiana, così outsider da far passare Dino Campana da acclamata rockstar (*). Dopo quel brano Clementi ha reso omaggio a Carnevali nel romanzo L’Ultimo Dio e ora gli dedica questo reading in forma di disco che solo per paura o pigrizia si può immaginare come ‘pesante’. Al contrario, Notturno Americano è avvincente, emozionante, vivido. Tremendo, anche.
Emanuel Carnevali approdò a New York nel 1914, sedicenne e senza sapere una parola d’inglese. Lo imparò lavorando come cameriere e patendo la fame. Era un ragazzo colto e, come dicono i professori di liceo, ‘d’intelligenza pronta’, visto che in inglese scrisse tutta la sua opera letteraria, in grado di affascinare personaggi quali Sherwood Anderson, Ezra Pound e William Carlos Williams. Ammalatosi di encefalite letargica (malattia oggi pressoché scomparsa) ritornò in Italia nel 1922 e mori a Bologna nel 1942.

emanuel Carnevali1 232x300
Clementi apre Notturno Americano raccontando l’arrivo dell’adolescente Emanuel negli Stati Uniti e lo chiude con Carnevali a Milwaukee, autentica sceneggiatura poetica che racconta l’”autoimmolazione” pubblica del poeta, quasi un segno della fine. Nel mezzo propone brani di Carnevali caratterizzati da un realismo vertiginoso e allucinato, storie di degrado e miseria, di astio contro un paese ufficialmente accogliente e in realtà sprezzante, di altri emigrati ormai assuefatti al proprio squallore. Salvo che nel vortice grottesco de I Camerieri, Clementi lavora sul timbro più che sull’intenzione, consapevole che quella è tutta nelle parole di Carnevali e proprio per questo risulta austero e affascinante. Lo accompagnano in perfetta sintonia Corrado Nuccini (chitarre) ed Emanuele Reverberi (violino, tromba) dei Giardini di Mirò, anche loro bravi a non calcare la mano salvo dove strettamente necessario, come nel caso di Chicago, il cui crescendo quasi alla Godspeed You!Black Emperor accompagna il racconto di una disperata, folle corsa a casa di Sherwood Anderson nel gelo di una Chicago invernale e ostile.

httpv://www.youtube.com/watch?v=98r7I0C9CwQ

Ad Emanuel Carnevali ha dedicato una canzone e, in parte, anche il titolo del suo ultimo album (Come i Carnevali), il cantautore livornese Bobo Rondelli. Questo fa pensare una cosa: fosse già esistito nel 1914 il rock’n’roll, a New York Emanuel Carnevali si sarebbe trovato in compagnia dei nonni di Jim Carroll e Patti Smith e sarebbe stato felice. Felice come, nella realtà, non fu quasi mai.

8/10

httpv://www.youtube.com/watch?v=KhKbX3qZBfA

 

(*) A testimonianza di questo perdurante disinteresse verso la figura di Carnevali sta, ad esempio, l’assenza totale del suo nome nell’antologia Poets Of The Italian Diaspora. V. http://www.leparoleelecose.it/?taxonomy=post_tag&term=poets-of-the-italian-diaspora

print

Di tomtomrock

TomTomRock è un web magazine di articoli, recensioni, classifiche, interviste di musica senza confini: rock, electro, indie, pop, hip-hop.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.

Panoramica privacy

This website uses cookies so that we can provide you with the best user experience possible. Cookie information is stored in your browser and performs functions such as recognising you when you return to our website and helping our team to understand which sections of the website you find most interesting and useful.