Cameron Avery – Ripe Dreams, Pipe Dreams.

Ripe Dreams, Pipe Dreams è l’esordio da solista per Cameron Avery. Ma l’australiano è in realtà un polistrumentista di primo piano, membro permanente dei Pond e dei Tame Impala, fondatore dei Growl, in tour lo scorso anno con The Last Shadow Puppets.
Ripe Dreams, Pipe Dreams: un disco nostalgico?
Su Ripe Dreams, Pipe Dreams alcune delle esperienze precedenti si sentono, altre meno. Dimenticate la psichedelia di Pond e Tame Impala, ad esempio. Questo disco mostra un Avery interessato piuttosto a un songwriting tradizionale. Come si evidenzia dall’iniziale A Time And Place: breve, sussurrata, orchestrata, potrebbe andare d’accordo con l’ultimo Dylan di Triplicate. In realtà, la proposta di Ripe Dreams, Pipe Dreams non è così nostalgica. Siamo di fronte a un pop elegante, suonato e interpretato molto bene. Con un Avery che mostra una voce calda e bella, non forte sui falsetti nei quali eccelle il suo amico Kevin Parker, ma perfetta per tutto il resto.
La musica e i testi di Cameron Avery
Il disco sembra prendere il volo dal terzo brano, una Dance With Me che riecheggia non poco, anche nel testo tra il cinico e il romantico, Leonard Cohen. Magari passando per i belgi Balthazar, ai quali pure a tratti Ripe Dreams, Pipe Dreams rimanda. La successiva Wasted On Fidelity fa invece pensare subito a The Last Shadow Puppets. Anche qui, non è solo la musica ma anche il testo a richiamare le canzoni di Alex Turner e Miles Kane, con versi sfrontati come “You know she’s got a busy day and I’d really love to stay / But I got shows to stop and pills to pop so I really must be going babe”. A Cameron Avery non manca infatti una buona penna.
Su Ripe Dreams, Pipe Dreams Cameron Avery non sbaglia un colpo
Disposable ha un hook che cattura subito, ma tutto il disco prosegue liscio senza sbagliarne una. Al punto che quando arriva l’unico episodio leggermente nervoso, Watch Me Take It Away, ci si rimane quasi male. Ma Ripe Dreams, Pipe Dreams si chiude poi benissimo con An Ever Jarring Moment, altro pezzo dal chorus epico, e con la superomantica C’est Toi. “And I’m only half as good / As the sum of my mistakes / The cut of my tuxedo / Or the icing on my cake”: non ci si stupirebbe nel sentirla cantare da Alex Turner.
Piuttosto inspiegabilmente questo disco è stato accolto con una certa freddezza da parte della critica. Oggi c’è chi, come Father John Misty, esegue una musica altrettanto tradizionale, ma pare godere di una costruzione di marketing sapiente, che lo presenta come un mix tra un guru e il salvatore del pop postmoderno. Per chi fa a meno della fuffa e ha voglia di belle canzoni e basta, Ripe Dreams, Pipe Dreams è altamente consigliato.
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