Tre domande per Chrissie Hynde & The Valve Bone Woe Ensamble.

Può bastare mettere un po’ di elettronica e qualche effetto, per rendere interessanti 14 canzoni pescate dall’immenso American songbook? Può bastare la voce di una grande rocker ad accettare la sfida di interpretare 14 canzoni pubblicate fra il 1939 e il 1967? Vale la pena che Chrissie Hynde lasci la musica che l’ha resa famosa con i Pretenders e l’ha portata sino alla Hall of Fame, per abbracciare composizioni eseguite prima da Billie Holiday o Barbra Streisand o Chet Baker o i Kinks o Nick Drake?
Chrissie Hynde & The Valve Bone Woe Ensamble provano qualcosa di nuovo
Alla prima domanda si deve rispondere di No: inutili e fuori luogo certi suoni elettronici che non riescono a dare un senso di “modernità'” a qualcosa che non lo richiede neanche. Alla seconda domanda la risposta è assolutamente Sì. La Hynde mostra tutta la sua bravura quando offre I’m A Fool To Want You o I Get Along Without You Very Well: l’ascolto diventa dolce, sognante, capace di trasmettere sofferenza o tranquillità. Alla terza domanda, la risposta è “dipende”. La scelta dei brani abbraccia un periodo lunghissimo e guarda a tantissimi musicisti che prima di lei avevano affrontato ognuno dei brani. La lista degli esecutori sarebbe lunghissima. Qualche volta gli arrangiamenti sono un po’ difficili da accettare al primo ascolto ma poi, pian piano, arrivano.
Valve Bone Woe: il giudizio
Dei Valve Bone Woe Ensamble non è possibile trovare notizia da nessuna parte, anche dopo accurate ricerche. Si tratta evidentemente di un insieme di strumentisti al servizio del progetto. Tutto sommato un buon disco di cover, arrivato a cinque anni dal precedente lavoro solista, ma che rischia di scontentare sia gli appassionati di jazz sia quelli di rock.
“I’m a fool to want you. You don’t know what love is”.
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