Yarin Yoksa della cantante Derya Yildirim con il Grup Şimşek è un disco anatolico ma anche multietnico.
Terzo lavoro per Derya Yildirim & Grup Şimşek, straordinaria combinazione multietnica formata dalla cantante e suonatrice di bağlama Derya Yildirim, nata nel quartiere turco di Amburgo, dalla batterista sudafricana Helen Wells, dal tastierista Graham Mushnik e dal chitarrista, bassista e flautista Antonin Voyant, questi ultimi due francesi; un mix unito dall’amore per la psichedelia turca, che li rende ovviamente accostabili come ispirazione agli Altin Gün. Ma rispetto agli olandesi la band della Yildirim si distingue per un suono meno frenetico e funk e nel quale è maggiore l’influenza folk e della canzone pop melodica turca. Ne è un bell’esempio l’introspettiva traccia finale Güneş accorata e amareggiata tra il Bosforo e la Rive gauche.
La grande forza comunicativa del canto di Derya Yildirim
Yarin Yoksa è cantato in turco, che la cantante definisce il suo ‘linguaggio emozionale’, e in effetti la forza di questo lavoro sta proprio nella sua capacità di essere emotivamente coinvolgente e accattivante. La voce è ricca di pathos e forza comunicativa; anche se non comprendiamo le parole sentiamo vibrare quel senso di smarrimento e di probabile sconfitta che aleggia nelle tracce, ma “se non c’è un domani”, questa è la traduzione del titolo, è anche vero che non bisogna arrendersi. Il che non vale solo per l’individuo, ma anche sul piano politico. In Direne Direne (Resisti, resisti) si parla di “coloro che invasero la terra dal fiume al mare” e si esorta alla resistenza e in Yakamoz riecheggia il grido di dolore di chi ha perso tutto: “Hanno sradicato le mie radici/ Mi hanno spezzato i rami/ Non è rimasto niente di me stesso/ Non posso tornare a casa”. Qui è forte e drammatico il rimando alla tragedia palestinese e il canto della Yildirim richiama quello della grande Selda Bağcan, la Joan Baez del Bosforo.
Yarin Yoksa: il repertorio
Delle undici canzoni, tre sono cover di brani del passato, Misket, che alterna momenti a cappella da brividi a parti strumentali meravigliosamente ipnotiche, Hop Bico, invito alla danza col suo effervescente e brioso synth, e Ceylan, reinventata in un ritmo afro reggae. Creatività, fantasia, senso del groove sono gli elementi che rendono affascinante e sorprendente l’ascolto del disco, anche grazie all’abilità degli strumentisti e della produzione di Leon Michels che trova un perfetto equilibrio tra il ritmo coinvolgente della sezione ritmica e l’estro solista soprattutto delle tastiere e della bağlama. Atmosfere turche e influssi occidentali creano meraviglie psichedeliche nei soli 90 secondi dello strumentale Yüz Yüze e nel funk soul di Cool Hand con la voce incantevole e seducente della Yildirim che canta ammaliante e limpida.
Rispetto ai lavori precedenti la band fa un ulteriore passo avanti e mostra una sicurezza e una personalità che la proietta fra le cose migliori e più interessanti da ascoltare in questo periodo. Non c’è dubbio che nella ricerca di legarsi alla splendida tradizione del rock anatolico Derya Yildirim e Grup Şimşek riescano a reinventarla e a farla parlare con un linguaggio originale e contemporaneo. Yarin Yoksa è un disco scintillante e dalle molte sfaccettature, impossibile resistere alla sua forza emotiva e al fascino del suo canto ora malinconico e struggente ora energico e rabbioso e perfino gioioso. Il disco esce per Big Crown Records.
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