Da Belfast con furore: Kneecap – Fine Art.
L’Irlanda è al centro di una rinascita musicale che va dal folk, al post-punk, all’hip-hop, all’elettronica. In un paese piccolo, questo significa anche una vicinanza che talvolta tende all’intreccio e alla sovrapposizione. È così che in Fine Art, disco dei Kneecap, un trio hip-hop, finiscono fra gli ospiti Radie Peat dei Lankum e Grian Chatten dei Fontaines D.C. Segno anche di una scena che preferisce unirsi e comunicare fra realtà apparentemente diverse, per abbattere le inutili barriere fra generi ancora esistenti dalle nostre parti. Al contrario dei gruppi citati, tuttavia, i Kneecap non arrivano dalla libera Dublino, ma dalla Belfast ancora occupata, il che ha un effetto importante nella loro proposta.
Il percorso dei Kneecap da C.E.A.R.T.A. a Fine Art
I Kneecap provengono da West Belfast, l’area cattolica e nazionalista. I tre adottano nomi d’arte (Mo Chara, Móglaí Bap e DJ Próvaí, e con gli originari non si migliora: Liam Óg Ó hAnnaidh, Naoise Ó Cairealláin, JJ Ó Dochartaigh), e i testi sono un misto di gaelico irlandese e inglese. Il loro primo singolo, C.E.A.R.T.A., significa “diritti” e nasce dall’arresto di un loro amico che, il giorno prima della marcia per l’Irish Language Act, era stato arrestato mentre taggava la parola sui muri di Belfast. La canzone era poi inclusa nel loro debutto 3CAG, del 2018. Il titolo fa riferimento alla MDMA: 3CAG significa “trí chonsan agus guta” (“tre consonanti e una vocale”), gergo per la sostanza. Mentre Kneecap, inteso non come ‘rotula’ ma come ‘gambizzazione’, è la punizione che l’IRA infliggeva ai trafficanti di droga.
Il nuovo disco lanciato da un film
L’insieme dei riferimenti assicura ai Kneecap un background militante che risuona anche nei testi di Fine Art. Una militanza a favore della fine dell’occupazione dell’Irlanda del Nord, ovviamente, ma che si estende ad altre cause che ad essa si collegano sia idealmente sia politicamente: per la liberazione della Palestina e il boicottaggio di Israele, in particolare.
Se 3CAG è stato l’esordio più in sordina dei Kneecap, con Fine Art i tre sembrano intenzionati a fare sul serio. All’inizio del 2023, il gruppo ha iniziato le riprese di un film basato su una versione romanzata della loro vita, anch’esso intitolato Kneecap, la cui regia è affidata a Rich Peppiatt, con Michael Fassbender (legato com’è noto alla causa irlandese) in un ruolo di supporto.
Hip-hop, EDM, uilleann pipes
Dal punto di vista musicale, il disco unisce hip-hop ed EDM: ossia due stili che in tempi relativamente recenti hanno coinvolto le generazioni millennials e z prima come linguaggi alternativi poi anche nel mainstream. I tre Kneecap guardano soprattutto alla versione alt-: nell’hip-hop, fanno pensare a un aggiornamento dei Public Enemy (Sick in the Head), con un rap frontale e poco melodico; nell’EDM, è la scena dei rave illegali, industrial fin dall’ambientazione, il punto di riferimento.
Sono però, anche, irlandesi. Così nell’iniziale 3CAG (stesso titolo del disco precedente) sul beat accompagnato da sonorità di folk locale sorge la voce, con la qualità timbrica ultraterrena che la caratterizza, di Radie Peat che canta in gaelico. Tre minuti perfetti. Nelle successive Fine Art e I bhFiacha Linne entrano le voci dei Kneecap e possiamo dimenticarci il rap melodico che oggi va per la maggiore, qui siamo su un altro terreno, frontale e senza compromessi. Ventate di EDM e beats sfrenati attraversano l’intero disco con ondate in crescendo che in Parful raggiungono la perfezione. I brani con i featurings sono anche quelli meno abrasivi. Scelta come singolo, Better Way to Live con Grian Chatten che canta l’hook si ricorda facilmente ma non perde in efficacia. I due minuti e mezzo (tutte le canzoni sono brevi) di Drug Dealin Pagans sono i miei preferiti, con samples di uilleann pipes su di un beat cadenzato per raccontare una storia già annunciata dal titolo.
Nonostante Fine Art non sia un disco facile per i canoni contemporanei, ha esordito bene nelle classifiche irlandesi e scozzesi, nonché in quelle indie del Regno Unito – esce infatti per la label indipendente Heavenly Recordings. Aiutiamo i Kneecap a farsi sentire oltre i confini delle isole, lo meritano davvero.
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