Nubya Garcia - Odyssey

Odyssey, un progetto ad ampio (anche troppo) respiro per la jazzista londinese.

Nel 2018 Gilles Peterson produceva We Out Here, un album in cui erano confluiti i talenti più brillanti della scena contemporary jazz di Londra: Ezra Collective, Moses Boy, Theon Cross, Shabaka Hutchings, Kokoroko. Tra loro c’era anche Nubya Garcia. Due anni dopo, con l’eccellente Source, la rivista, americana, Down Beat, inseriva la ventisettenne musicista originaria di Camden, tra le 25 stelle nascenti del jazz. Adesso è il momento della conferma con un progetto decisamente più ambizioso. In Odyssey, all’abituale trio – Joe Armon-Jones al pianoforte, Daniel Casimir al contrabbasso, Sam Jones alla batteria – Garcia affianca gli archi della Chineke! Orchestra, un ensemble britannico creato nel 2015 per offrire opportunità di lavoro – come si legge sul sito istituzionale – a “Black and ethnically diverse classical musicians in the UK and Europe”.

Odyssey funziona solo in parte

Il progetto riesce a metà, anche perché in due parti ideali si può dividere il disco. La prima con i brani strumentali, in quartetto con e senza orchestra: in quello che dà titolo al disco la potente pulsazione del trio sostiene magnificamente il contrappunto degli archi e l’assolo di Garcia completa un mosaico sonoro che potrebbe (e dovrebbe) diventare la cifra artistica del lavoro, gettando un ponte oltreoceano con il jazz di Kamasi Washington, ma con più solidità e coerenza. In Solstice è la batteria a incaricarsi di sostenere e sospingere il sax, così come in The Seer spetta a un pianoforte che evoca McCoy Tyner, offrire lo spunto per il trascinante assolo di Garcia.

Nella seconda i brani che ospitano gli interventi vocali: Dawn, con Esperanza Spalding pronta a raddoppiare il tema esposto dal sassofono. Set It Free, con la voce di Richie e la tromba di Sheila Maurice-Grey (entrambi nei Kokoroko); We Walk In Gold dove il vocal featuring è di Georgia Anne Muldrow e nella conclusiva Triumphance dove Baby Sol, Kianja, Zara McFarlane fanno da contraltare a uno spoken Word della stessa Nubya Garcia. In questi casi il risultato appare meno convincente, le atmosfere si fanno più impalpabili, meno originali. Forse per la ricerca di un singolo da classifica, forse perché gli echi della scena inglese jazzata degli anni ‘80 (Working Week, Rip Rig & Panic, Carmel) rendono più datato e polveroso il risultato.

A testimonianza di una grande ricchezza di idee del disco c’è anche da segnalare  Water’s Path, una perla compositiva per violoncello (James Douglas) e (Chineke!) Orchestra, degna di apparire in un film di Almodovar (musicato da Rodrigo Leao e Jacques Morelenbaum). Ciò nonostante, una maggiore coerenza stilistica, avrebbe probabilmente reso più originale il progetto.

Nubya Garcia – Odyssey
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Da ragazzo ho passato buona parte del mio tempo leggendo libri e ascoltando dischi. Da grande sono quasi riuscito a farne un mestiere, scrivendo in giro, raccontando a Radio3 e scegliendo musica a Radio2. Il mio podcast jazz è qui: www.spreaker.com/show/jazz-tracks

Di Danilo Di Termini

Da ragazzo ho passato buona parte del mio tempo leggendo libri e ascoltando dischi. Da grande sono quasi riuscito a farne un mestiere, scrivendo in giro, raccontando a Radio3 e scegliendo musica a Radio2. Il mio podcast jazz è qui: www.spreaker.com/show/jazz-tracks

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