I Public Service Broadcasting diventano seri. Bene così.

E’ bello che qualcuno si metta in gioco. Almeno un pochino, visto che non sono tempi di rivoluzioni soniche (o di qualsiasi altro tipo).
I Public Service Broadcasting sembravano essersi creato un loro piacevole – e remunerativo – mondo. I due album Inform-Educate-Entertain (2013) e The Race For Space (2015) erano stati belle dimostrazioni di talento e furbizia all’insegna del retro-futuribile: suoni che mischiano chitarre ed elettronica e inglobano un gran numero di sample. Qui stava la trovata eccellente, visto che i campioni a tinta seppia ricordavano momenti importanti nella storia del ‘900 come la conquista dell’Everest, la nascita della televisione a colori oppure la conquista dello spazio. Un ventunesimo e un undicesimo posto in classifica avevano chiarito il gradimento del pubblico inglese per J. Willgoose, Esq e Wrigglesworth.
Fin qui i Public Service Broadcasting erano parsi solo interessanti
I nomi improbabili dei due (a cui si è aggiunto JFAbraham), il loro aspetto da programmatori di Commodore 64, le esibizioni dal vivo con trovate simpatiche sembravano aver composto un quadro ormai ben delineato. Tutto simpatico, interessante, nostalgico e intelligente. Ma emozionante no.
Ora Every Valley qualche carta in tavola la cambia. Anche stavolta l’album è a tema e anche stavolta ci sono i campioni retrò. Addirittura si inizia con il vocione di Richard Burton. Ma attenzione: Burton era gallese ed era figlio di un minatore e qui si parla proprio dell’ascesa e del declino dell’industria mineraria gallese. Dunque un tema poco glamorous che tuttora divide l’opinione pubblica britannica. Ancora vivo è infatti il ricordo del lungo e durissimo confronto fra Margaret Thatcher e il sindacato dei minatori (indovinate chi vinse…).
Every Valley invece mostra intensità e partecipazione…
I PSB non la mettono in politica – anche se si capisce come la pensano – e preferiscono affidare il racconto alle voci dei minatori e delle loro mogli e compagne, fra testimonianze d’epoca e interviste recenti. I suoni sono quasi sempre splendidi, potenti senza essere roboanti, epici ma con la consapevolezza che c’è un fondo di grande tristezza in questa storia. D’altronde il disco è stato registrato all’Ebbw Vale Institute, in una delle zone oggi più depresse del Galles e dove il voto pro-Brexit è stato massiccio.
Il momento chiave di Every Valley è All Out, che testimonia delle violenze poliziesche durante le dimostrazioni dei minatori di metà anni ’80. Una voce di donna dice: “Sono cresciuta sapendo che si deve rispettare la polizia. Ora non la rispetto più”. Qui chitarre e synth diventano rabbiosi e il muro del suono fa pensare a Explosions In The Sky e Mogwai.
…raccontando l’epopea dei minatori gallesi
A dare varietà al lavoro contribuiscono i momenti cantati come Progress con Tracyanne Campbell dei Camera Obscura e Turn No More su cui esplode la voce di James Dean Bradfield dei Manic Street Preachers. Il momento più commovente è anche il più tenue: You + Me, cantato a due voci (in gallese e in inglese) da Lisa Jên Brown dei 9Bach e da J. Willgoose, Esq, qui all’esordio come cantante. Il duetto esprime speranza di un qualche futuro nonostante tutto e, come intenzione, fa pensare a un nome del tutto diverso quale The xx.
Altrettanto struggente è la conclusione, Take me Home, affidata alle voci del Beaufort Male Choir e carica d’amore per una terra ormai matrigna. Sono diventati grandi, e seri i Public Service Broadcasting (anche se il video di Progress li mostra più che altro ironici) e questa loro trasmissione è una delle più belle del 2017.
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