Vinicio Capossela registra la crisi attuale in Tredici canzoni urgenti
Al contrario di molti dischi precedenti, ai quali Vinicio Capossela ha lavorato a lungo, a volte anche alcuni anni, prima della messa a punto, questo Tredici canzoni urgenti, a conferma del titolo scelto, nasce quasi di getto, tra febbraio e giugno 2022, e registrato subito dopo. Tredici canzoni che fotografano il momento di crisi che stiamo vivendo, ma non sono solo testimonianza, vogliono anche essere un appello a uno sforzo comune per ritrovare un briciolo di umanità. Un disco in cui ricorrono richiami culturali precisi, da Bertold Brecht all’Ariosto, da Ferdinand Céline a Goethe, ai classici greci e latini. L’inizio della scrittura dei brani coincide con lo scoppio della guerra in Ucraina, un evento traumatico che si aggiunge alla crisi economica e a quella ambientale. Un momento in cui l’uomo sembra aver perso la ragione, ma Capossela prova a indicare alcune vie per resistere. Una è quella dell’Amore, raccontata in Il Bene Rifugio, dove ci ricorda che quando tutto crolla nell’economia, quando il mondo va in folle, il cielo cade, il ghiaccio si scioglie e la terra fonde, l’unico bene rifugio è l’Amore, un amore che non è solo rifugio ma anche rivoluzione e resistenza. Resistenza è anche quella raccontata in Staffette in bicicletta, brano dedicato alle staffette partigiane, baluardo di civiltà e testimoni di libertà. Accompagnato dalla splendida voce di Mara Redeghieri, Capossela ci invita a raccogliere il testimone, e fare guerra alla guerra.
Il tema della guerra
La guerra ricorre più volte nel disco, e ne occupa la parte centrale con tre brani. Gloria all’archibugio è una ballata in cui archi, fiati e chitarre si incrociano con i suoni del theremin di Vincenzo Vasi e dell’intonarumori di Cesare Malfatti, per ricordarci che lo scopo della guerra è fare un deserto e chiamarlo pace, con l’invenzione di strumenti sempre più devastanti, dall’archibugio alla bomba atomica. E lo scrittore ha pochi mezzi per opporvisi: Ariosto Governatore “tra ladroni, pesti ed assassini, non ha da offrire che parole”. Capossela utilizza le parole del famoso scrittore e diplomatico del rinascimento per rammentarci che “se il senno è sulla luna, sulla terra non è rimasta che follia”. La crociata dei bambini è infine un canto contro tutte le guerre, ripreso in parte da Bertold Brecht: i toni cupi e un arrangiamento per pianoforte e archi, dipingono una ballata intensa cantata quasi sottovoce e con discrezione, che racconta una tragedia immane dentro la tragedia della guerra, che coinvolge anche i bambini.
Il femminicidio
Brecht ritorna anche in La parte del torto, dove troviamo la descrizione di un paese che sta vivendo un “cortocircuito valoriale, in cui non esiste più destra o sinistra”, dove “se sei razzista o buonista che problema c’è?”. Uno sguardo sempre attento e lucido sul presente della nostra società, che in La cattiva educazione punta l’obiettivo sui femminicidi, con la voce di Margherita Vicario che apre il brano con parole che non lasciano dubbi: questa mattina non mi sono svegliata, e l’invasore ce lo avevo in casa. Una canzone toccante, capace di trattare un tema così profondo in maniera tanto delicata da sfiorare il capolavoro. Un altro tema delicato è quello della condizione della popolazione carceraria trattato in Minorità. Anche qui emerge la delicatezza di Capossela nell’approfondire temi in realtà molto pesanti: accompagnato da pianoforte, archi e fiati, con una ballata lenta cantata quasi sottovoce, il cantautore ci introduce in un mondo del quale è considerato sconveniente parlare in un’epoca di giustizialisti, in cui si pensa di poter risolvere qualunque problema sociale inventandosi un nuovo reato e aumentando così la popolazione carceraria.
Collaboratori importanti arricchiscono il disco
Non manca poi l’arguta e graffiante ironia sul presente e sui mali della nostra epoca. In All you can eat, un rock blues con le chitarre elettriche di Antonio Gramentieri e Marc Ribot sulla società dello spreco senza limiti, ci si chiede se la terra dell’abbastanza dove non conta più studiare e sapere, sia la vera libertà. Si prefigura il collasso della cultura occidentale, rappresentato anche nell’elettrica Il divano occidentale, una ballata che si trasforma in un reggae con le voci di Skardy, Bunna e Raiz, e dileggia una vita passata seduti sul divano, una volta schiavi del telecomando, oggi del cellulare, osservando la cultura occidentale che va verso la morte. Altrettanto divertente il Cha Cha Chaf della pozzanghera, altra splendida prova della capacità di Vinicio di giocare con i ritmi e le parole, per divertire con leggerezza parlando di cose in realtà profonde.
Vinicio Capossela conclude Tredici canzoni urgenti su una nota di speranza
Dopo un disco abbastanza cupo sul presente, il finale apre a una visione di speranza nel futuro con Il tempo dei regali, una ballata orchestrale quasi da banda di paese sul tempo bello passato che si spera tornerà, con il ritmo che prende velocità sul finale, e non mancherà di far ballare il pubblico magari proprio in chiusura dei concerti. In fondo, ci ricorda Capossela, dobbiamo cercare di fare il meglio con quello che abbiamo a disposizione. È l’invito della conclusiva Con i tasti che abbiamo: suonare utilizzando giocoforza i tasti che si hanno a disposizione, senza preoccuparsi se ne mancano alcuni: una bellissima metafora sul modo migliore di vivere la propria vita, dove troviamo Greg Cohen al contrabbasso e John Convertino alla batteria e al vibrafono.
Tredici canzoni urgenti: una bella riuscita per Vinicio Capossela
Un disco praticamente perfetto, che gode di numerosi ospiti eccellenti, oltre ad alcuni collaboratori storici (Mauro Ottolini, Alessandro “Asso” Stefana, Zeno De Rossi) e Enrico Gabrielli, Raffaele Tiseo e Antonio Gramentieri, che oltre a suonare hanno curato anche la maggior parte degli arrangiamenti. Il disco esce venerdì 21 aprile, e sarà presentato giovedì 20 con un’esecuzione unica all’auditorium Sala Verdi del Conservatorio di Milano, con la partecipazione della maggior parte degli ospiti presenti nel disco.
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