Sono passati 44 anni da Los Angeles e gli X si accomiatano con Smoke & Fiction. O così dicono.
Gli X si fecero amare nei primi quattro memorabili dischi – su tutti l’esordio Los Angeles – perché erano punk disillusi sì, ma con sentimento, passione e notevole senso della melodia. Ma si fecero voler bene anche nei mezzi passi falsi come Ain’t Love Grand (quel suono finto metal…) o i due album degli anni ’90, perché l’impegno era sempre percepibile e qualche gran pezzo comunque spuntava.
Gli X dal 1980 a ora
Ancor più della rentrée di quattro anni fa con la formazione originale (Alphabetland), Smoke & Fiction è opera che racconta di una maturità raggiunta senza forse averla davvero voluta. Racconta l’avere quasi 70 anni (Exene, John Doe) oppure averli già oltrepassati (Billy Zoom, D.J. Bonebrake), sentendoseli nel fisico ormai segnato e nei ricordi ormai affollati senza però abbandonare il suono energico di 40 anni fa. È questa dialettica dove lo ieri si specchia nell’oggi e così all’infinito (e nelle immagini più lontane le rughe non si vedono più) a consentire agli X odierni di suonare vitali e vissuti senza farsi il verso per non saper fare altro.
Per capirlo basta ascoltare i due minuti e 30 secondi di Sweet Til The Bitter End: il botta e risposta delle voci di Exene e Doe che poi armonizzano nel loro eternamente strano modo, la chitarra esplosiva ed essenziale di Zoom, il drumming vigoroso di Bonebrake e quel verso che dice “Giriamo l’angolo/ Cacciamoci ancora nei guai”.
Lo spirito di Smoke & Fiction
Forse non dobbiamo prenderli proprio alla lettera i nostri quattro ex ragazzi, tuttavia pezzi come Flipside, Baby & All e Struggle sono un concentrato di energia ben distribuita senza tentare di essere ‘anthemici’ come Nausea o temibili come Johnny Hit And Run Pauline. Quanto al momento centrale del lavoro, Big Black X, è proprio un ricordo vivido, per quanto non troppo nostalgico, di quel 1980 e della sua lost generation: “Stai sveglio/ Non farti prendere/ Conoscevamo la fogna/ Anche il futuro”.
A proposito di energie ben distribuite, va detto che Smoke & Fiction sa variare ambienti e atmosfere: The Way It Is rallenta fin quasi al midtempo (lasciando spazio per gli scintillii nel buio della chitarra di Zoom), Winding Up The Time sfodera tocchi noir, Face in the Moon lascia spazio a un Doe quasi autoriale e la title-tack ritrova quel suono roots sempre amato dal gruppo (qualcuno ricorda il side-project The Critters?)
Tutto finisce in 28 minuti e mezzo che inducono a prendere dallo scaffale Los Angeles – che dura altrettanto poco – per riascoltarlo e poi ritornare a Smoke & Fiction ed essere sempre contenti. Gli specchi di cui si diceva per un saluto alla musica (se così davvero sarà) impareggiabile.
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