Pier Adduce presenta Guignol – Luna Piena E Guardrail.
Con questa loro ultima uscita, Luna Piena E Guardrail, i Guignol proseguono il loro ormai pluriennale viaggio nella dolente fauna delle periferie, milanesi e non solo. Le tematiche dell’alienazione e del disadattamento di fronte alla grande metropoli, specialmente per chi ci si è trovato catapultato da ben altre realtà, avevano già trovato il loro pieno sviluppo nel precedente Porteremo Gli Stessi Panni.
E lì erano state dichiarate apertamente anche le muse ispiratrici: Luciano Bianciardi e Rocco Scotellaro. Storie di gente che esce di casa spesso senza sapere neanche perché e finendo per trascinarsi da un bar all’altro (Il Vizio). E che ci rientra allo stesso modo, giorno dopo giorno, prigioniera di una “famiglia” che in comune finisce con l’avere solo la residenza (Il Pendolo).
I temi preferiti dei Guignol
Perenne desiderio di ribellione che non riesce a sfociare se non nell’intruppamento in bande di “lupi di periferia” – per dirla con Dalla – senza raggiungere nessun tipo di evasione duratura. Un’umanità divisa fra chi esce senza sapere dove andare e perché e chi aspetta un ritorno a casa sempre messo in dubbio. Si mette in scena la disillusione di un’intera generazione che cerca comunque di confrontarsi con i valori di quella precedente, dichiarando la propria impossibilità di continuare a farsene portatrice (Zio Zio). E nella descrizione chirurgicamente, ma anche poeticamente, spietata di questa umanità dolente non manca il riferimento a chi ne è ormai parte essenziale, l’immigrato “clandestino” privo di diritti, perfino di quello all’esistenza (Via Crucis).
Guignol – Luna Piena E Guardrail: un ritorno alle origini
Musicalmente il disco segna in un certo modo un ritorno alle origini rispetto al precedente: pochissime tracce della strumentazione “folk” (violino ed armonica) che aveva caratterizzato alcuni brani di Porteremo Gli Stessi Panni. Qui si torna, per così dire, al rock e le chitarre – sia acustiche sia elettriche – e la ritmica tornano a farla abbastanza da padrone. Anche se non mancano ballate con un certo “protagonismo” del piano e brani che richiamano perfino il primo cantautorato italiano e fanno pensare – specialmente nell’incipit – a Piero Ciampi e soprattutto a Luigi Tenco (Se Potessi).
Un violino fa, per la verità, capolino sia in Via Crucis sia nel pezzo finale, Luna Piena E Guard Rail, ma serve semmai in entrambi i casi a sottolineare ancora di più l’atmosfera notturna e tutt’altro che “tranquillizzante” dei medesimi. Degni di nota anche i “controcanti” di una voce femminile in Il Vizio e in Notte Di Fine Luglio. Ci sembra che con questo disco Pier Adduce continui a scavare senza indulgenza nelle sue ansie e aggiunga un altro importante tassello alla maturità della propria scrittura. E la sua voce, a volte leggermente nasale, riveste come forse meglio non si potrebbe le sue storie.
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